Finlandia, Svezia, Danimarca. L’immagine di gelo, vento freddo e neve che accompagna questi paesi sarà un ricordo lontano? Conosceranno, le capitali del nord Europa estati calde ed inverni più miti? Ebbene quello che sembrava una teorizzazione di scienziati un po troppo allarmisti, sembra essere la realtà del prossimo futuro.

Le alte temperature e la maggiore frequenza di periodi di siccità non solo renderanno i terreni aridi, ma abbatteranno il numero e la varietà dei prodotti di allevamento, visto che la salute, e quindi la vita, degli animali finirà col peggiorare. Così, se da un lato l’agricoltura del Sud Europa rischia di sprofondare, con un conseguente aumento dei prezzi e dei rischi per la sicurezza alimentare; dall’altro, quella del Nord Europa potrà fiorire sempre più, grazie alla maggior durata del periodo vegetativo, la parte dell’anno in cui le condizioni meteorologiche locali consentono la normale crescita delle piante, che determina un’espansione verso nord delle aree adatte a diverse colture.

A essere più colpiti da questo grande stravolgimento ambientale saranno come citato prima, Italia, Grecia, Portogallo, Spagna e il sud della Francia. Il valore della terra coltivata subirà una forte riduzione nel corso del lungo tempo, pari all’80 per cento entro il 2100, costringendo così gli agricoltori ad abbandonare l’attività. Il peso più gravoso (circa i due terzi) di questo calo dovrà sopportarlo l’Italia, dove i ricavi per i produttori sono particolarmente sensibili ai cambiamenti stagionali: nel complesso, le colture della Penisola affronteranno una perdita di valore che oscilla tra i 58 e i 120 miliardi di euro in 80 anni. L’effetto combinato delle ondate di calore e di stagioni di crescita delle piante più corte, si legge ancora nel lungo documento dell’EEA, sarà una diminuzione delle terre agricole nelle regioni meridionali del continente, con un preoccupante impatto per viti e ulivi: nel primo caso, la produzione e la qualità del vino potranno risentirne, con la necessità di adottare misure addizionali per sostenere in futuro questo comparto; nel secondo, invece, la produzione di olive soffrirà per la maggior richiesta di acqua necessaria alle operazioni di irrigazioni, per gli stress termici, il fabbisogno di freddo durante il periodo della fioritura, e infine per la minaccia dei moscerini della frutta. Il cambiamento climatico si manifesta in modi diversi.

Desertificazione, inondazioni, cambi di temperatura repentini, tempeste di grandine, siccità. E così produce conseguenze differenti sulle terre europee. Piogge intense e diffuse nella Francia meridionale, Spagna settentrionale e Italia hanno causato ritardi nei raccolti estivi (ad esempio, nel settore vitivinicolo). Nella regione boreale, invece, l’allungamento dei periodi privi di gelate incoraggerà nuove iniziative agricole: la superficie coltivabile crescerà secondo le stime, passando dal 32 al 76 per cento entro la fine del secolo. Intanto, più a Sud, gli ulivi potranno essere piantati nelle regioni centrali e settentrionali dell’Italia, in Francia e a nord della penisola iberica.

Margareth Porpiglia