In questi tormentati giorni si è anche pensato che la condizione drammatica che si sta vivendo potrebbe indurre il cambiamento del nostro modo di insegnare, ma sarebbe proprio il caso, allora, anche di aggiungere il modo di condurre la "cosa sanitaria italiana". Sia detto, allora, una volta per tutte ed in maniera chiara e definitiva da che cosa veramente dipendono le difficoltà in cui versa di fatto, da molti decenni a questa parte tutta la nostra Sanità. Difficoltà certamente, oggigiorno, più evidenziate dal Covid-19, ed in questo senso si potrebbe anche in questo caso dire che "non tutti i mali vengono per nuocere". Per la verità da più parti, nel difficile momento attuale, sono stati espressi propositi di equi stanziamenti per il nostro Sistema Sanitario, rispetto ad una grave carenza che si perpetua da molto tempo, ma da nessun autorevole commentatore ho sentito proferire riflessioni atte a comprendere la radice del "male" di cui è affetto il sistema e a condurci a comprendere la via da seguire per conferire, dalla radice, al Sistema Sanitario Italiano una vera qualificazione di "Eccellenza", termine al momento sostanzialmente riferibile soltanto alla elevata, da sempre, qualità "Scientifica della Medicina Italiana", dei medici italiani. Per comprendere le difficoltà in cui si muove la nostra Sanità, ormai da decenni, non si può fare a meno di riferirsi al quadro normativo e, quindi, ideologico in cui si trova attualmente tutta la Sanità Italiana. In sostanza la cornice di riferimento è costituita, a tutt’oggi, dai decreti legislativi 502/1992 e 517/1993 emanati dall’ex Ministro De Lorenzo e dal suo entourage politico. Se è vero che il linguaggio non è mai neutrale ed ogni termine oltre al suo significato letterale ha un vasto alone evocativo, particolarmente importante nella comunicazione sociopolitica, è lecito ritenere che, quando De Lorenzo decise di denominare "Aziende" le UU,SS.LL., desse un segnale inequivocabile su quel che fosse il suo intendimento: allontanarsi dalla concezione solidaristica e di servizio sociale che aveva informato l’idea di Sanità Pubblica" nei paesi occidentali, dal dopoguerra in poi, per sostituirla con una evocante inevitabilmente l’idea della "mercificazione", con la possibilità per alcuni settori politico-economici di fare transazioni in questo ambito come nel circuito privato e con continui flussi di di scambio con il circuito privato stesso. Da quel momento in poi sostanzialmente si dimenticò che, quando si gestisce denaro pubblico, l’unico concetto di riferimento deve essere quello della corretta ed onesta amministrazione. Non può essere sottaciuto che le ascendenze ideologiche degli orientamenti che da allora in poi andarono dispiegandosi erano facilmente rintracciabili nel liberalismo reaganiano anni ’80 del quale, ancora, risentiamo l’"onda lunga". Queste Aziende Sanitarie, o meglio Pseudo-Aziende, riescono a riunire in sé i difetti del privato e quelli del pubblico: quelli del privato per la sorprendente disattenzione ai veri bisogni della cittadinanza e il primato delle questioni di cassa, quelli del pubblico per la rigida gerarchizzazione e il burocratismo ipertrofico che assorbe gran parte delle risorse umane e finanziarie. I "managers", ossia i Direttori generali delle varie Aziende, a differenza dei soggetti privati, come ho specificato in molte altre sedi, non gestiscono (e quindi non rischiano) denaro proprio ma, tramite l’istituzione pubblica, e in virtù dei meccanismi attraverso i quali viene compensata la loro opera, si trovano nella insolita situazione di partecipare in qualche modo agli utili dell’azienda, ma non al rischio di capitale. Il premio annuale che essi percepiscono se riescono a mantenere la spesa al di sotto del tetto del bilancio di previsione costituisce un sistema di incentivazione tale per cui è quasi inevitabile che il principio ispiratore della gestione della sanità pubblica non sia quello della soddisfacente risposta ai bisogni dei cittadini ma semplicemente quello del contenimento della spesa, in omaggio ad un perverso principio di risparmio assoluto, lungo un costante clima di economia di guerra. Inoltre il sistema più negativo per la collettività e più disfunzionale rispetto alla correttezza dell’approccio terapeutico viene raggiunto col metodo dei rimborsi dei ricoveri ospedalieri in base alla disciplina dei "D.R.G.": sistema che individua il compenso della prestazione ospedaliera in riferimento alla diagnosi più che al numero dei giorni di ricovero, promuovendo la corsa, da parte delle Aziende, all’accaparramento di pazienti con diagnosi "redditizie". Trattasi, se ben si riflette, di un sistema "concorrenziale" privatistico che sospinge ad eseguire il maggior numero di ricoveri contenuti nei tempi più brevi, e con il minor numero possibile di indagini diagnostiche, quindi a tutto danno e a tutto svantaggio della collettività. Le conseguenze di tutte queste impostazioni, aventi sempre il comune denominatore del risparmio, sono sotto gli occhi di tutti: carenza di personale medico e paramedico, lunghe file ai pronti-soccorsi, appuntamenti per indagini diagnostiche alle calende greche, chiusura-distruttiva di Ospedali, come ho specificato in tante altre sedi, che ci hanno dato da sempre lustro in Europa e nel mondo, vedi Ospedale Forlanini in Roma, etc. e per finire si aggiunga il dettaglio numerico, chiarificatore di quanto appena detto, per cui negli ultimi venti anni si sono persi settantamila posti-letto ospedalieri e cinquantamila unità professionali (quest’ultime per pensionamenti e decessi), mai, per l’appunto, reintegrati. Tra l’altro l’impostazione complessiva dell’assistenza ospedaliera e del privato convenzionato impoverisce le risorse da devolvere ai servizi territoriali e alle attività sociosanitarie. In tal senso, e ad esempio, risultano grandemente penalizzata l’assistenza psichiatrica dopo il provvidenziale superamento della centralità ospedaliera, manicomiale. Non può che essere ritenuto incivile ed inaccettabile che questo Paese debba continuare a risparmiare proprio sulla salute fisica e mentale degli italiani, bene assolutamente primario, superiore a qualunque altro bene materiale. Trattasi di una questione etica di fondo che deve imporre la necessità di crescere sul piano culturale attraverso una lunga riflessione, in ambito politico, medico e generale, su tutte queste storture, rispetto alle quali non resta che auspicarsi, qualora fosse necessario anche attraverso un ricorso referendario, una radicale inversione di tendenza.

GIACOMO GATTI