Se Mussolini avesse vinto la guerra, il 10 giugno sarebbe festa nazionale per l’ottantesimo anniversario dell’entrata in guerra. Saremmo nel XCVIII anno dell’era fascista. Benito I Imperatore s’intitolava l’opera provocatoria che uno scrittore, romanziere e giornalista di talento, Marco Ramperti, scrisse nel 1950, quando erano ancora calde, caldissime, le polemiche sul fascismo. Quasi come oggi. Ramperti immaginava cosa sarebbe accaduto se Mussolini avesse vinto la guerra, grazie alla bomba atomica usata da Hitler anziché dagli Stati Uniti. Dopo aver rischiato il crollo del regime, mentre tutti già accorrevano in soccorso del vincitore, passando baracca e burattini all’antifascismo, il duce riprendeva in extremis il controllo dell’Italia e capovolgendo le sorti usciva vittorioso dalla guerra.

IMPERATORE

Liquidava la monarchia dopo il tradimento e si proclamava Imperatore. Era divertente leggere nella fantacronaca di Ramperti il doppio salto mortale dei voltagabbana, costretti frettolosamente a cambiare nuovamente casacca per stare al passo del potere. Politici, giornalisti, intellettuali, perfino gerarchi da antifascisti tornavano frettolosamente fascisti. Da riciclati a triciclati, con triplo salto carpiato. Il libro naturalmente fu silenziato. Ma noi vorremmo divertirci a fare un’edizione ridotta e aggiornata ai nostri giorni. Dunque, se Mussolini avesse vinto la guerra, oggi sarebbe morto da pezzo ma ci sarebbe al potere un fascismo di maniera. Al governo del fascismo rococò ci sarebbe un continuatore di nome Giuseppe Conte. Ci sarebbe arrivato grazie al Movimento Cinque Stellette, organizzazione paramilitare fondata del vecchio gerarca Beppe Grillo, e avrebbe avuto il sostegno dei i poteri forti. Conte sarebbe filotedesco agli occhi degli eredi di Hitler che guidano l’Europa; filo-arabo in Africa orientale – nelle nostre colonie di Libia, Eritrea e Somalia; cattolico papalino in Vaticano sulla scia dei Patti Lateranensi. Sarebbe rivoluzionario coi rivoluzionari, imperialista con gli imperialisti, fascio-trasformista con tutti.

SEGRETARIO DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA IL CAMERATA MATTEO RENZI

Decisivo per il governo l’appoggio del segretario del Partito Nazionale Fascista il camerata Matteo Renzi, pronto a far le scarpe, anzi gli stivaloni, al grido di #staisereno Conteduce. Ministro dell’agricoltura e colonie sarebbe la camerata Teresa Bellanova. Commissario straordinario dell’IRI il camerata Vittorio Colao; commissario con delega a procurare fez e mascherine nere, il camerata Arcuri; alla Propaganda di regime ci sarebbe il camerata Rocco Casalino; all’Opera Maternità e Infanzia la patriota Monica Cirinnà. Governatore di Roma sarebbe la camerata Virginia Raggi, figlia della Lupa capitolina, che avrebbe affidato il Palazzo della Federazione a CasaPound, sfrattando gli altri centri sociali. I moschettieri del duce, la scorta del Capo di governo, sarebbero capitanati da Nicola Zingaretti e Dario Franceschini, la Protezione Duce in sigla PD. Nella sinistra sindacale il camerata Landini difenderebbe a spada tratta le conquiste dello Stato sociale fascista – la Carta del Lavoro, la Previdenza sociale, l’Opera di assistenza, il Dopolavoro, le colonie estive dei bambini e da ultimo la socializzazione delle imprese. La Camera dei fasci e delle corporazioni sarebbe presieduta dal melodico napoletano, camerata Roberto Fico.

LA TV

Erede di Alfredo Rocco al ministero della giustizia sarebbe il camerata Fofò Bonafede; al posto di Giovanni Gentile alla Pubblica Istruzione ci sarebbe la camerata Lucia Azzolina. Al posto di Dino Grandi e Galeazzo Ciano agli esteri ci sarebbe il camerata Luigi Di Maio. Che prima vendeva poster del duce allo Stadio San Paolo di Napoli. L’erede di Balbo sarebbe Sassoli, di Bottai sarebbe Casaleggio. Se Mussolini avesse vinto la guerra i vertici delle aziende pubbliche, Eiar in testa (detta Rai), sarebbero più o meno nelle mani degli stessi d’oggi. In tv e nei video dell’Istituto Luce sarebbe un diluvio quotidiano di ricorrenze fasciste, programmi retorici sul Duce e le sue Grandi Opere, inchieste a getto continuo sui crimini dei partigiani e gli orrori del comunismo. Ogni giorno ci sarebbe un anniversario dell’epopea fascista da ricordare; cantanti, attori, registi e scrittori farebbero a gara per vincere i Littoriali e i premi Mussolini e per ricordare di avere nonni fascisti che fecero la Marcia su Roma o andarono a Salò.

CAMERATA EUGENIO SCALFARI

Il Popolo d’Italia sarebbe oggi guidato dal camerata Mario Orfeo, campione mondiale di riciclaggio politico plurimo aggravato. Il Corriere della sera sarebbe rimasto filogovernativo e il camerata Urbano Cairo avrebbe garantito la linea fascista del giornale; mentre la Repubblica sociale fondata dal camerata Eugenio Scalfari in omaggio alla Rsi, sarebbe ora nelle mani dei discendenti fascistissimi del già fascista senatore Giovanni Agnelli. Al Csm garantirebbe le nomine dei giudici fedeli al regime il camerata Luca Palamara; la toga sarebbe per solo una camicia nera più lunga. I custodi del politicamente corretto, gli intellettuali organici – così nominati per separarli nella raccolta differenziata – chiederebbero di perseguire con leggi speciali gli antifascisti residui e i renitenti al catechismo fascista.

IL CAMERATA DEL COLLE, SERGIO MASCHERELLA

Se Mussolini avesse vinto la guerra, saremmo di fronte a un ennesimo remake di Uomini e caporali di Totò dove cambiano i regimi ma i caporali sono sempre gli stessi a comandare. Se Mussolini avesse vinto la guerra io sarei antifascista, scriverei sui fogli alternativi d’opposizione semiclandestina al fascismo rococò. Mi batterei per ricordare che non ci sono solo i crimini del comunismo ma anche i crimini nazisti. Difenderei migranti e gay dal regime che vorrebbe escluderli dalla giornata dell’Orgoglio Italiano e direi che è tempo di revisionismo storico: anche il duce ha commesso errori, e non come dice il camerata del Colle, Sergio Mascherella, che non si discute, ha fatto solo bene alla Patria.

Marcello Veneziani