Ancora aerei, vola male Alitalia. Anzi malissimo, ma dov’è la novità? Non c’è, in considerazione dei cronici disagi dell’ex compagnia di bandiera, incapace ormai da decenni di garantirsi (e garantire) un minimo di certezza economica e amministrativa. In amministrazione straordinaria dal due maggio 2017, Alitalia è in coma stabile, complice ovviamente anche i danni epocali che il coronavirus ha causato in tutti i campi dell’economia in ogni parte del mondo.

In coma evidente, denunciato da numeri, a dispetto dell’intervento e del robusto sostegno che le ha assicurato il governo Conte. In parole povere, la decisione di rilanciare la compagnia con una newco pubblica e tre miliardi di euro di dotazione finanziaria. L’azione, nell’immediato, non ha garantito risultati positivi apprezzabili. I numeri dicono questo, e il loro linguaggio sembra destinato a spargere nuove preoccupazioni, al netto delle polemiche che da sempre accompagnano e sottolineano le vicende della compagnia. Alitalia ha chiuso i primi sei mesi di quest’anno con un rosso di quattrocentotrenta milioni di euro. Un passivo impressionante, pauroso, però spiegabile con l’esplosione del coronavirus.

L’impennata è consistente, duecentocinquanta milioni più del corrispondente periodo semestrale del 2019. L’elaborazione dei report consultati fa emergere un altro dato: Alitalia ha trasportato tre milioni e seicentomila passeggeri. Mai sufficientemente maledetta la pandemia, il calo è in questo caso del sessantacinque per cento. In realtà, sotto questo aspetto specifico, Alitalia sembra essere riuscita a contenere l’impatto della pandemia meglio di diverse concorrenti europee. Il virus, si sa, ha azzerato in pratica il trasporto aereo, almeno a leggere e interpretare i bilanci delle varie compagnie che operano in Europa.

Alitalia ha perso, nel periodo critico del coronavirus, tra aprile e giugno, meno della metà di Lufthansa e Klm, per viaggiatore imbarcato. E un terzo di Air France e addirittura un sesto di EasyJet, un ottavo di Iag, la holding di British Airways, Iberia, Vueling, Aer Lingus. Il virus ha prodotto le conseguenze peggiori sulle aviolinee profittevoli, oltre ad annullare i divari finanziari. British Airways, nei primi sei mesi, ha chiuso con 2,45 miliardi di perdite. A fronte del profitto che aveva realizzato l’anno scorso, 873 milioni. Lufthansa ha scritto meno 1,73 miliardi, di cui meno 1,1 miliardi soltanto nel secondo trimestre, contro 361 milioni di guadagni nel corrispondente periodo del 2019. I ricavi di Alitalia nel primo semestre di quest’anno hanno toccato 545 milioni di euro. Il dato è in flessione del sessantadue per cento rispetto ai primi sei mesi del 2019. In definitiva, però, in linea con i cali del trasporto aereo in Europa.

È stata la seconda metà a far registrare l’impatto maggiore con gli introiti giù del novanta per cento del settore. Le perdite, al contrario, si sono ridotte nel secondo trimestre: da meno 220 milioni nel periodo gennaio-marzo a meno 210 milioni per un totale di 430. La scoppola resta comunque, anche se parzialmente contenuta. Air France ha archiviato il periodo con meno 1,6 miliardi, tra aprile e giugno, mentre il rosso era di novantaquattro milioni del 2019. Il focus sul secondo trimestre conferma come, a fronte dei meno 210 milioni di Alitalia, abbiano perso 493 milioni Klm, EasyJet 371 e 317 Turkish Airlines. Sono questi i risultati conseguiti dai principali vettori europei. Vettori che hanno perso, per ogni viaggiatore trasportato, 1.440 euro nel secondo trimestre.

Buchi clamorosi, più di tutti quello record di Iag, meno 4.242 euro a cliente. Molto male anche Air France, meno 1.600, Lufhtansa, meno 1.251. Laddove Alitalia registra meno 525 euro. Ryanair ancora meglio, meno 370. Quali previsioni è possibile fare a breve? Proprio nessuna: la Iata comunica che per tornare ai livelli pre Covid bisognerà aspettare il 2023, non prima. Sul fronte Alitalia è grigia davvero. Fino al 31 ottobre è prevista la cassa integrazione di 6.826 dipendenti, su circa 11mila. Alitalia è sotto amministrazione straordinaria con la supervisione del commissario Giuseppe Leogrande e del direttore generale Giancarlo Zeni.

I vertici aziendali della nuova Alitalia, Maria Lazzerini amministratore delegato e Francesco Caio presidente, lavorano al piano industriale e alla composizione della squadra. L’obiettivo finale – realtà o utopia – è l’approdo alla firma del decreto di costituzione della newco. La dizione della speranza estrema di ripartenza che circola ormai da mesi.

Franco Esposito