Era la voce dell’arte italiana, il divulgatore televisivo delle magnificenze artistiche del Bel Paese: all’età di 71 anni Philippe Daverio è morto. Il critico e storico d'arte, saggista ed ex assessore, cultore del gusto e della buona cucina, è scomparso l’altra notte all'Istituto dei Tumori di Milano. A rendere pubblica la notizia, la regista e direttrice del Teatro Franco Parenti, Andree Ruth Shammah: "Mi ha scritto suo fratello stamattina per dirmi che Philippe è mancato stanotte". Daverio, era nato a Mulhouse, in Alsazia, in Francia, il 17 ottobre 1949, da madre francese, Aurelia Hauss, e padre italiano, Napoleone Daverio, costruttore. Era il quarto di sei figli. Dopo essersi trasferito in Italia, Philippe Daverio ha studiato alla Bocconi di Milano, università che ha lasciato senza conseguire la laurea, aprendo una sua prima galleria a Milano, città che sarà per tutto il resto della vita la platea delle sue performance.

La sua Galleria Philippe Daverio, in via Monte Napoleone 6, si occupava prevalentemente di movimenti d'avanguardia della prima metà del Novecento. Ne aprì una seconda a New York nell’86. Come gallerista e editore ha allestito molte mostre e pubblicato una cinquantina di titoli, tra i quali ricordiamo "Catalogo ragionato dell'opera di Giorgio De Chirico fra il 1924 e il 1929" e "Catalogo generale e ragionato dell'opera di Gino Severini". In quegli anni, il giovane Daverio scopri la vocazione da editore e, soprattutto, di divulgatore dell'arte. Daverio è stato il mattatore della vita culturale e artistica di Milano per oltre 45 anni ricoprendo la carica di assessore dal 1993 al 1997, nella giunta Formentini, con deleghe alla Cultura, al Tempo Libero, all'Educazione e Relazioni Internazionali.

Si è occupato della ricostruzione del Padiglione d'Arte Contemporanea distrutto a seguito dell'esplosione della bomba avvenuta in data 27 luglio 1993 partendo dalla ricerca degli sponsor, al coordinamento degli interventi sia tecnici sia amministrativi. Ma alle elezioni del 2009 si candidò nelle liste del centro-sinistra a sostegno di Filippo Penati. È stato direttore del periodico "Art e Dossier" e consulente per la casa editrice Skira. Ha collaborato inoltre ad una rubrica sull'arte nel mensile "Style Magazine" del "Corriere della Sera". "Io non sono dottore perché non mi sono laureato, ero iscritto alla Bocconi nel 1968-1969, in quegli anni si andava all'università per studiare e non per laurearsi" disse in una delle sue frasi più famose. Anche se non era laureato, aveva un ruolo di docente al corso di Storia dell'arte allo IULM di Milano, laurea in Comunicazione e gestione dei mercati dell'arte e della cultura, ha svolto diversi corsi di Storia del design al Politecnico di Milano e dal 2006 era professore ordinario di Disegno Industriale presso l'Università degli Studi di Palermo.

Ma è stata la televisione a renderlo famoso con trasmissioni personalizzate: col suo papillon e i gilet, gli occhiali tondi, l’accento francese, un bel sorriso, i modi da dandy, le frasi pieno di spirito, Philippe Daverio dal 1999 è stato inviato speciale della trasmissione "Art'è" su Rai 3 e nel 2000 è stato autore e conduttore di "Art.tù". Dal 2002 al 2012 diresse la fortunata trasmissione "Passepartout" su Rai 3, programma d'arte e cultura, seguito poi da "Il Capitale". Nel 2011 per Rai 5 ha condotto il personalissimo "Emporio Daverio", una proposta di invito al viaggio attraverso l'Italia. Nel piccolo schermo diede il meglio di sé: divenne un volto amato da un vasto pubblico che gli riconosceva la grande capacità di divulgare i temi dell’arte nella storia. Che lui proponeva anche con format dedicati alla scoperta dell’Italia minore. Con lui scompare l’ultimo divulgatore dell’arte in televisione che faceva storcere il naso ai critici duri e puri che gli rimproveravano di non essere un accademico. Eppure il programma "Passepartout" per quasi vent’anni riuscì a raccogliere attorno a una tavola ospiti in grado di confrontarsi su un percorso storico-artistico definito in ogni puntata, tra un vino e una portata.

Nel mezzo, Daverio raccontava da Cicerone un’Italia delle meraviglie. Percorreva vie desuete, lasciava che si spalancassero alle telecamere le porte di chiese montane, palazzi con affreschi, musei dimenticati ma ricchi di opere. Oltre ai particolari dei capolavori, la macchina da presa mostrava il conduttore seduto dietro una scrivania, le espressioni da antologia e le pagine cancellate dall'artista Emilio Isgrò sullo sfondo. Così anche il meno conosciuto dei dipinti diventava un capolavoro da scoprire con grande riconoscenza di sindaci e direttori di musei. Gli ascolti, in fasce orarie fuori da ogni gara di share, lo ripagavano poiché superava il milione di spettatori. Molti i suoi volumi di successo: con Rizzoli ha pubblicato nel 2011 "Il museo immaginato", nel 2012 "Il secolo lungo della modernità", nel 2013 "Guardar lontano veder vicino" e a fine 2014 "Il secolo spezzato delle avanguardie". Per la stessa casa editrice sono usciti nel 2015 i volumi "La buona strada", "L'arte in tavola" e "Il gioco della pittura". L'ultimo volume, sempre per l'editore milanese, nel 2019, dal titolo "La mia Europa a piccoli passi".

Negli ultimi anni era stata intensa la sua partecipazione a "Striscia la notizia", il programma satirico di Antonio Ricci in onda su Canale5. Proprio ieri mattina sul sito dell’emittente era stato pubblicato il suo ultimo servizio sulle curiosità e i segreti sull’Opera di Parigi, sulla Gioconda e gli aneddoti su Raffaello Sanzio e Claude Monet. Anche il ministro per i Beni e le Attività culturali, Dario Franceschini, ha espresso grande cordoglio: "Con Philippe Daverio scompare un intellettuale di grande umanità, storico dell’arte sensibile e raffinato, un uomo di cui ho sempre apprezzato la grande intelligenza e lo spirito critico e che già manca a tutti noi".

Marco Ferrari