Per far ripartire l’Italia servono investimenti sul futuro, non statalizzazioni per socializzare le perdite di grandi aziende. I casi Tim, Autostrade, Alitalia, Ferrarini destano grande preoccupazione, c’è il rischio di un enorme sperpero di risorse che affonderà le casse pubbliche, nel momento in cui le disponibilità di risorse sono ancora più ridotte per la grave crisi provocata dal coronavirus. Su questo non possiamo andare a rimorchio delle follie ideologiche di Grillo e del Movimento 5 stelle. Il tentativo di ritorno dello Stato nelle autostrade, nei telefoni, negli aerei, addirittura nei prosciutti rappresenta un modo totalmente sbagliato di usare i soldi dei cittadini, che invece hanno bisogno di scuole, di sanità, di opere contro il dissesto, come ha ben spiegato Sergio Rizzo su "Affari & Finanza". Con la vicenda "rete unica" si rischia di creare uno sperpero doppio: regalare risorse a un’azienda privata in difficoltà come Tim e nel frattempo bloccare il grande investimento nella fibra ottica che sta portando avanti con miliardi pubblici Open Fiber, grazie alla lungimirante operazione Enel voluta dal governo Renzi, che nel giro di 2-3 anni porterà internet veloce in 20 milioni di case.

Come ha messo in guardia in un’intervista a "Milano Finanza" una persona esperta e un uomo delle istituzioni quale è Franco Bassanini, speriamo che dietro questa improvvisa accelerata mediatica sul matrimonio Tim-Cdp non ci sia la volontà di "accollare allo Stato il debito di Telecom, i suoi eccessi di personale e le sue difficoltà e annegarle nella rete unica". Prendiamo poi il caso Ferrarini: che senso ha che Amco, società controllata al 100% dal ministero del Tesoro, invece di cercare di recuperare il suo credito, come prevede la sua ragione sociale, decida addirittura di appoggiare con denari pubblici la cordata di un imprenditore privato? Peraltro nel momento in cui a fare da contraltare a questa proposta c’è un’operazione di sistema che coinvolge le maggiori banche italiane, le associazioni unanimi e un’azienda di eccellenza del Made in Italy. Per un’azienda statale dovrebbe essere più importante favorire una soluzione che valorizza la produzione italiana e garantisce un no netto a qualunque delocalizzazione, invece di un’operazione portata avanti da chi ha stabilimenti anche all’estero.

Su questo tema ho sollecitato l’intervento diretto del presidente del Consiglio Conte, dopo che è intervenuta con forza la ministra Bellanova a difesa della filiera italiana, ma il premier è rimasto in silenzio. Su Autostrade la propaganda del governo gialloverde si è scontrata con la realtà: di fatto la revoca non è possibile, la via giudiziaria è molto rischiosa, per cui il Conte 2, tentando di non smentire la bufala del Conte 1, intende procedere alla "revoca dei Benetton", che in realtà significa che lo Stato dovrà ripagare a peso d’oro ciò che aveva venduto negli anni ’90 con le privatizzazioni. Dietro ogni singolo dossier la priorità sembra dettata dal "fare i giornali", dal creare titoli buoni per i tg, ma tutto questo ha un costo altissimo per gli italiani che pagano le tasse e per i nostri figli che avranno sulle spalle un debito pubblico ancora più vertiginoso.

Michele Anzaldi