Ammonterebbero a 2 milioni di dollari australiani (una cifra doppia rispetto ai 700 mila euro di cui si era finora parlato) i trasferimenti partiti dalla Segreteria di Stato vaticana alla volta dell’Australia, su cui stanno indagando la magistratura e la gendarmeria vaticana, a seguito dello scandalo per l’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra, da parte della Segreteria di Stato. Lo riferisce il quotidiano The Australian in un reportage che fornisce molti dettagli su 4 bonifici, avvenuti tra l’inizio del 2017 e la fine del 2018, mentre erano in corso le indagini e il processo contro il cardinale George Pell per presunti abusi sessuali su minori (accusa da cui l’ex prefetto dell’Economia del Vaticano è stato condannato in primo grado ed in appello, ma da cui è stato completamente prosciolto quest’anno dall’Alta Corte australiana).

Come si ricorderà il 29 giugno del 2017 Pell fu sospeso dall’incarico per tornare in Australia a difendersi. Il caso si riaccende mentre dall’Australia arriva un’altra notizia che allarma il Vaticano. Papa Francesco è stato avvertito dalle autorità sanitarie australiane della potenziale esposizione al coronavirus dopo che il nunzio apostolico in Australia, monsignor Adolfo Tito Yllana è risultato positivo al Covid. Lo riferisce la stampa locale. L’arcivescovo ha avuto un incontro privato, faccia a faccia con il Pontefice, martedì 6 ottobre, meno di due settimane fa prima dell’esito di positività. La rete televisiva Nine News di Sydney riferisce che il caso di positività (riscontrato a Canberra) di monsignor Yllana è stato il primo nel territorio in oltre 100 giorni di zero casi. È risultato positivo al decimo giorno di auto-isolamento. Monsignor Yllana si era recato a Canberra con un veicolo privato dopo essere volato a Sydney dal Vaticano il 9 ottobre. Non si esclude che abbia contratto il virus all’estero, anche in Italia.

I flussi di denaro (che secondo il giornale sarebbero già stati consegnati in Vaticano) sono stati ricostruiti dall’AUSTRAC, l’antiriciclaggio australiano. Lunedì scorso, nel corso di un’audizione al Senato australiano, Nicole Rose, il capo della FIU australiana (equivalente all’UIF italiana e all’AIF vaticana) aveva reso noto di aver inviato i risultati raggiunti alla polizia, federale e dello Stato di Vittoria. Ma ieri un portavoce della Polizia di Vittoria (che ha anche condotto le indagini contro Pell a partire dal febbraio 2017) ha detto al Guardian Australia che per il momento non verranno svolti approfondimenti sui bonifici perché la segnalazione dell’AUSTRAC non è stata accompagnata da indizi di attività sospette relative alle transazioni stesse. Angelo Becciu (ex sostituto della Segreteria di Stato che si è dovuto dimettere il 24 settembre dalla carica di Prefetto delle cause dei Santi e dai diritti che gli provengono da essere cardinale) ha più volte negato con forza di aver interferito con il processo al cardinale Pell e Vivian Waller, l’avvocato dell’uomo che ha accusato Pell di aver abusato di lui negli anni 90, ha negato ogni legame o conoscenza dei presunti finanziamenti.

Un primo bonifico di $ 415,000 risalirebbe al febbraio 2017. Il secondo invio da parte della Segreteria di Stato sarebbe giunto nel maggio 2017, il terzo e quarto pagamento per un totale di 1.3 milioni di dollari australiani sarebbero giunti dal Vaticano nel 2017 e nel giugno 2018, secondo quanto scritto da The Australian. Papa Francesco ha chiamato a Roma a riferire sul caso il 6 ottobre, il Nunzio Apostolico in Australia. Il cardinale Pell, che è rientrato in Vaticano ed è stato ricevuto dal Pontefice, ha sostenuto pubblicamente che bisogna guardare alla corruzione in Vaticano e nello stato di Vittoria.

M. ANTONIETTA CALABRÒ