I negozi dei centri commerciali devono riaprire. A chiederlo è Confesercenti, che ha depositato un ricorso al Tar del Lazio contro le chiusure obbligatorie nei week-end stabilite dal DPCM del 3 novembre 2020.

La sospensione dell’attività dei negozi nei centri commerciali nei fine settimana nelle regioni gialle - si legge nell’istanza presentata dall’associazione al tribunale amministrativo - è un provvedimento “contraddittorio” e "gravemente penalizzante”, che “non rispetta i principi di adeguatezza e proporzionalità” e che si accanisce solo ed esclusivamente su “una porzione di esercenti commerciali, scelti in modo del tutto arbitrario”, perché stabilisce la chiusura dei negozi solo sulla base della dislocazione. Negozi della stessa tipologia, all’esterno dei centri commerciali, potranno infatti rimanere aperti.

Un’iniquità evidente, nota l’associazione, visto che i centri commerciali “non solo hanno rispettato i protocolli ed ogni altra disposizione emanata dal Governo e dalle altre autorità competenti, ma hanno anche posto in essere protocolli particolarmente articolati, ancora più scrupolosi per garantire un elevato livello di sicurezza sia al personale che al pubblico. Ciò ovviamente, in aggiunta alle misure di prevenzione attuate da ogni esercente all’interno dei propri locali. Tanto che, come detto e come emerge dagli stessi allegati al DPCM, su tutto il territorio nazionale non è stato segnalato un solo focolaio che si sia sviluppato all’interno di un centro commerciale”.

La chiusura dei negozi nei centri commerciali potrebbe essere anche controproducente sotto il profilo della sicurezza: “la chiusura solo di alcuni esercizi – scrive Confesercenti nel ricorso - determinerebbe un proporzionale rischio di maggiore affollamento presso quelli che vendono i medesimi prodotti e rimangono aperti, determinando anche, sotto il profilo concorrenziale, il correlativo spostamento di clientela, in ipotesi anche definitivo, da un esercizio costretto a rimanere chiuso ad altro esercizio che vende gli stessi prodotti ma rimane aperto, con un concreto rischio di perdita di avviamento”.

“Non si tratta di entrare nel merito delle scelte governative ma di contestare sotto più profili la violazione dei limiti e criteri imposti dallo stesso legislatore e, in definitiva, l’irrazionalità della misura. Per questo chiediamo l’immediata sospensione del provvedimento”, commenta la Presidente nazionale di Confesercenti Patrizia De Luise. “Avevamo già annunciato l’intenzione di ricorrere al Tar, con l’obiettivo di ribadire che va garantita l’equità tra le imprese, e che anche quelle di minori dimensioni debbano essere rispettate. I provvedimenti adottati dal governo con gli ultimi DPCM e con i due Decreti Ristori contengono incongruenze e gravi dimenticanze. Un pasticcio che si sarebbe potuto evitare se i rappresentanti delle imprese fossero stati preventivamente ascoltati. L’odierna azione è stata decisa proprio in quanto non è stato possibile avere una efficace interlocuzione preventiva sulle misure”.