Negli ospedali italiani il Covid non ha mai allentato la presa e nelle prossime settimane la situazione potrebbe precipitare. E’ il timore degli operatori in trincea, dai medici d’urgenza agli infermieri, che sono convinti che l’Italia sia solo in ritardo di qualche settimana rispetto agli altri Paesi europei sull’andamento della curva epidemica.

“Se avremo una ripresa dei contagi nella prossima settimana andremo di nuovo alla saturazione del sistema ospedaliero. Il calo dei contagi è molto più lento oggi rispetto alla prima ondata e nell’ultima settimana si è notato una ripresa per quanto riguarda ordinari di malati Covid sia di quelli critici”, commenta all’AGI Carlo Palermo, segretario dell’associazione medici ospedalieri Anaao.

“Siamo ancora sulla soglia dell’occupazione critica. E il pericolo di una ripresa dei contagi oggi è ben superiore rispetto alla ripartenza di settembre perché si parte da un’occupazione di posti letto già molto alta”, spiega Palermo.

“Grazie alle misure di distanziamento il tasso di influenza è rimasto basso. Se dovesse aumentare avremmo una tempesta perfetta”.

 

Stazionaria, invece, la situazione nelle terapie intensive. “Al momento osserviamo una relativa stabilità per quanto riguarda i pazienti ricoverati in terapia intensiva”, riferisce Alessandro Vergallo, presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri (Aaroi).

“Le variazioni numeriche ci sono ma senza particolari cambiamento. C’è stato un aumento dei casi dovuto alle maggiori libertà e un calo dovuto alle restrizioni. Ma proprio per questo motivo non bisogna abbassare la guardia”, raccomandato, ricordando che “i numeri delle terapie intensive scontano un ritardo di diverse settimane”. Anche secondo Vergallo il vaccino rappresenta una speranza concreta di veder svuotati i reparti “anche se per osservarne gli effetti bisognerà attendere diversi mesi”.

Quanto al confronto con gli altri Paesi, il presidente degli anestesisti non ha dubbi: “Sono messi peggio di noi. Siamo molto scettici sui dati che vedono l’Italia prima nel mondo per numero di morti. Noi siamo molto rigorosi: classifichiamo come caso Covid anche quelli in cui il coronavirus è una concausa. Non penso che facciano così anche gli altri. Non c’è un modo più giusto dell’altro, sono solo numeri. Ma l’importante è saperlo”.