Una dittatura alla ricerca di consenso attraverso il calcio e un'azienda che apre la strada al lucroso business dei diritti televisivi. Sono passati quarant'anni dal Mundialito -un torneo organizzato in Uruguay in occasione del cinquantesimo anniversario dei primi mondiali- e ciò che resta di quell'evento dimenticato dalla storia sono per lo più i suoi protagonisti fuori dal campo a cominciare da Silvio Berlusconi, artefice dell'ingresso in scena con Canale 5 della tv commerciale che segnerà una svolta epocale nel mondo di un calcio destinato a essere dominato dalle televisioni.

La Copa de Oro de Campeones Mundiales - questo il nome completo del Mundialito - si svolge a cavallo tra il 1980 e il 1981 a Montevideo su idea dell'allora presidente del Peñarol Washington Cataldi che scommette fortemente sul grande spettacolo televisivo internazionale di un torneo capace di riunire le figure più importanti del calcio mondiale di quegli anni. L'idea suggestiva è quella di far partecipare le nazionali vincitrici almeno una volta del titolo mondiale in un torneo inedito avallato dalla Fifa e affidato all'organizzazione di un gruppo di privati capitanati da un imprenditore greco, Angelo Vulgarisfinito poi nei guai per narcotraffico. In quegli anni l'Uruguay è stretto nella morsa di una feroce dittatura militare che dopo un'iniziale disinteresse coglie al volo l'occasione irripetibile di ripulirsi l'immagine con il calcio proprio come aveva fatto due anni prima l'Argentina con il suo mondiale della vergogna organizzato in casa tra "desaparecidos" e terrorismo di stato.

Per la giunta militare uruguaiana il punto di svolta avviene il 30 novembre del 1980 con l'inaspettata bocciatura nel voto popolare di un referendum costituzionale che avrebbe dovuto dare legittimità alla dittatura e che invece segnò il primo passo per il ritorno della democrazia. È a partire da quella data che il Mundialito diventa scenario perfetto per il megafono propagandistico di un regime isolato e sofferente.

Uruguay, Italia, Germania Ovest, Brasile, Argentina e Inghilterra: tra le nazionali invitate al torneo l'unica eccezione è quella dell'Inghilterra che declina l'invito -ufficialmente per incompatibilità con il calendario del campionato nazionale- e che viene sostituita in fretta e furia dall'Olanda che accetta di partire nonostante l'enorme pressione mediatica contraria.

Pochissime invece sono in Italia le voci contrarie al Mundialito. Una presa di posizione solitaria che riesce a produrre solo un documento in cui si disapprova la dittatura uruguaiana e che viene firmato da una quarantina tra calciatori e allenatori: c'è il tecnico della Lazio Ilario Castagner, il difensore della Roma Sergio Santarini e pochi altri. Gli azzurri di Bearzot partecipano con poco interesse senza il mitico Zoff, senza Paolo Rossi squalificato per lo scandalo del calcio scommesse, con diversi giocatori infortunati e con l'innesto di alcuni giovani.

Passato praticamente in secondo piano, il fischio d'inizio della competizione sportiva avviene il 30 dicembre del 1980 allo Stadio Centenario sotto la formula di due gironi all'italiana con tre squadre ciascuna. Il 3 gennaio va in scena Uruguay-Italia con la vittoria dei padroni di casa per 2 a 0 in una gara durissima con risse, colpi proibiti e ben tre espulsioni che coinvolgono anche Cabrini e Tardelli. Le polemiche sono tutte italiane a causa di un arbitraggio che fa infuriare, come mai si era visto nella sua carriera, Enzo Bearzot. La seconda gara è un misero pareggio contro l'Olanda: 1 a 1, il Mundialito degli azzurri finisce qua. 

Fedele ai pronostici, l'Uruguay viaggia invece spedito verso la vittoria imponendosi nella finale contro il Brasile per 2 a 1 che vede in Waldemar Victorino, colui che ispirò il popolarissimo cartone animato Holly e Benji, il suo grande protagonista.

La Celeste si corona ancora una volta campione ma, a differenze delle altre imprese, questa è una vittoria senza gloria perché è stata spazzata via velocemente dalla storiaUsando le parole di Andres Varela, autore di un documentario che racconta quei giorni, il Mundialito per l'Uruguay è come un figlio non riconosciuto perché tutti sanno che è esistito ma nessuno se lo ricorda.

di Matteo Forciniti