di Susanna Schimperna

 

Adesso la condannano a due anni di prigione per ostruzione della giustizia - si è opposta all’espulsione di immigrati che invece chiedono lo status di rifugiati politici -, e lei sa, con certezza, che non finirà lì. Infatti presto verrà espulsa anche lei.

 

Emma Goldman​ è una delle attiviste politiche più interessanti della sua epoca. Nata nel 1869 in una famiglia russa ebrea, si accorge da subito delle ingiustizie e delle discriminazioni, perché il padre viene maltrattato sia in quanto ebreo sia perché è un impiegato dello Stato, e poco dopo si rivolta anche contro quest’uomo, Abraham Goldman, che è maschilista, autoritario, con un forte senso della disciplina e della morale convenzionale. Emma ha solo quindici anni e già una coscienza libertaria e femminista: non accetterà di sottostare a un uomo né perché padre, né in quanto uomo.

 

Si unisce alla sorella Elena che sta partendo per gli Stati Uniti, e qui vede le stesse ingiustizie, la stessa prepotenza dello Stato e degli uomini. Si sposa e lascia il marito dopo poco, perché è un altro che reputa suo diritto imporsi su di lei in quanto donna e moglie. L’esperienza la segna: decide che non si sposerà mai più, che il matrimonio non ha senso, che non c’è bisogno di benedizioni di rabbini e registrazioni ufficiali per amare, convivere, cessare di amare, separarsi.​

 

Comincia a scrivere su riviste anarchiche e a tenere conferenze. È tale la sua presa sul pubblico che presto la reclamano da nord a sud dell’America, e per ascoltarla le persone sono disposte a restare in piedi. Un successo che allarma le autorità, anche perché Emma non si limita a parlare: procura la pistola con cui Alexander Berkman colpisce il padrone di alcune fabbriche siderurgiche che ha dato ordine ai crumiri di sparare durante uno sciopero, tragico episodio in cui restano uccisi molti operai e un ragazzino; inoltre, va in giro a sostenere le rivendicazioni dei lavoratori ed è a fianco dei disoccupati (la prima condanna è del 1894, un anno di carcere proprio perché, nel corso di un comizio, avrebbe incitato questi ultimi alla sovversione).

 

Per Red Emma, come ormai viene chiamata, tenere conferenze è sempre più difficile. La polizia fa irruzione nelle sale a ogni minimo pretesto e anche senza bisogno di pretesti, i teatri vengono diffidati dall’ospitarla. È così radicale, nelle sue scelte, da mettersi contro molti compagni anarchici dando solidarietà pubblica anche all’attentatore del presidente McKinley, una solidarietà che non soltanto le costa molte amicizie, ma la conduce di nuovo in carcere.

 

Prima dello scoppio del conflitto mondiale, quando costituirà la Lega Anti-Costrizione insieme al medico Ben Reitman («splendida passione della mia vita»), sempre con Ben si impegna in una battaglia femminista assolutamente d’avanguardia, e non solo per quei tempi.

 

Da anarchica, non ha molto interesse per le suffragette che reclamano il voto per le donne. A lei preme che le donne si liberino prima interiormente, dai pregiudizi, dalla sottomissione all’uomo che viene considerata naturale, dal modello imposto di donna che deve per forza sposarsi e figliare. Non tutte le donne vogliono procreare, e non per questo sono meno donne. Il piacere sessuale è un diritto anche per le donne. Prevenire gravidanze indesiderate è necessario, e le donne devono sapere come.

 

La arrestano, una volta, mentre sta spiegando a un gruppo di donne l’uso di un particolare contraccettivo. Molte femministe prendono le distanze. Quando, espulsa dagli Usa, torna nella sua Russia ormai in mano ai bolscevichi, ai compagni anarchici che parlano di dittatura, ingiustizia, persecuzioni, risponde ridendo. Sarà però così onesta da ammettere il suo errore. Un lungo colloquio con Lenin la lascia delusa, amareggiata. E di molte cose deve rendersi conto da sola.​

 

Parte di nuovo, questa volta di sua volontà. Nel ’36 è a Barcellona, dove è in corso la guerra civile, poi si sposta in Inghilterra e infine in Canada, Paese in cui resterà fino alla morte nel 1940. Visitata e omaggiata, negli ultimi anni quando ormai è semiparalizzata, da libertari di tutto il mondo e da donne che hanno trovato nelle sue parole la chiave per conquistare dignità in quanto esseri umani, e non solo in quanto madri pronte e sacrificarsi e mogli obbedienti: «La libertà della donna si realizzerà nella misura in cui lei stessa avrà la forza di realizzarla. Perciò sarà molto più importante per lei cominciare con la sua rigenerazione interna, facendola finita con il fardello di pregiudizi, tradizioni ed abitudini. (…) Bisognerà farla finita con la ridicola concezione secondo cui la donna per essere amata, moglie e madre, debba comunque essere schiava o subordinata. Bisognerà farla finita con l’assurda concezione del dualismo dei sessi».