di Bruno Tucci

Benedetti i virologi. Se non ci fossero loro a chi potremmo chiedere notizie sulla pandemia che ci ha reso la vita di ogni giorno sempre più difficile? Della politica, almeno fino ad oggi, la gente non si fida. Troppe liti, troppi contrasti, troppe divisioni.

Allora la parola passa alla scienza. Bene così. Dunque, si dovrebbe star tranquilli, siamo in buone mani. Non c’è dubbio.

Solo che alla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica sorgono dubbi e perplessità. Perché? Siamo noi ad essere critici e a cercare il pelo nell’uovo? No, assolutamente no. La verità è che gli scienziati che si presentano in tv la pensano ognuno in maniera differente.

“Dobbiamo chiudere tutto per un paio di settimane”, affermano alcuni. “Neanche per idea”, rispondono altri. “Il lockdown  è servito a ben poco”. Tra le due fazioni se ne inserisce una terza che è fra Scilla e Cariddi. Non sa quale strada prendere. Se quella drastica della chiusura totale. O se quella morbida delle zone colorate: gialla, arancione e rossa. I virologi si affannano in tv a spiegare il loro pensiero, si dicono convinti delle loro teorie. Ma chi li ascolta non capisce più nulla e lo scetticismo dilaga.

Insomma, piove sui nostri “scienziati” una caterva di accuse. “Sono diventati dei divi. Ogni giorno i talk show hanno un diktat ben preciso. Portare in trasmissione un virologo, uno pneumologo, un esperto in materia che possa dare il suo contributo per sconfiggere il virus” Chi la vuole cotta e chi la vuole cruda. Insomma la confusione aumenta e la gente è sempre più impaurita. Vede ogni giorno i numeri ed il timore di ammalarsi cresce.

Bisognerebbe intervenire per cambiare rotta, per dare alla gente una sola voce ed a quella dar retta senza il minimo dubbio. Come? E’ questo l’interrogativo di fondo, il problema di non facile soluzione. Forse, la svolta significativa che si è prodotta nel mondo politico potrebbe essere la panacea.

Non è più il tempo dei twitter e degli interventi su Facebook a ruota libera. L’inquilino di oggi a Palazzo Chigi è fatto in maniera diversa. Lo si è visto fin dai primi giorni del suo governo. Non gli piace straparlare, mettersi in vetrina, apparire ogni giorno in tv, organizzare improvvise conferenze stampa in ore insolite. Schiva questo tipo di pubblicità.  E preferisce apparire poche volte, solo quando ha decisioni importanti da prendere sempre dopo esser passato al vaglio del Parlamento. Ecco, se questa è la strada, anche la scienza dovrebbe seguirla. In che modo?

Parlando poco, ma soprattutto esprimere un parere (di un prescelto, magari dal governo) che sia unanime. Basta divisioni, opinioni diverse, scelte bianche o nere. In questa maniera si disorienta la gente che finisce col non fidarsi più nemmeno di chi avrebbe il compito di dire agli italiani come stanno le cose.

Di lacerazioni se ne sono viste fin troppe fra gli uomini e le donne del Palazzo. In quel caso le liti non danneggiano nessuno se non gli stessi protagonisti della baldoria. Quando si parla di pandemia e di un virus che ha sconvolto letteralmente la nostra esistenza, l’opinione pubblica vuole essere informata per filo e per segno con una sola voce.

Guai ad aumentare i dubbi e a far crescere il timore. Francamente, non se ne sente il bisogno e i primi a doversene accollare la responsabilità dovrebbero essere tutti gli uomini di scienza. Che sono molti nel nostro Paese e di primissima qualità