Di eruzioni in eruzione. Tra fontane di lave, colate laviche, nubi vulcaniche e chilometriche colonne di cenere e fumo. Spettacolo e disagi sul palcoscenico unico della 'Muntagna', davanti a una platea che guarda con ammirazione e timore. Tutto questo è l'Etna in perenne attività. Con i suoi lampi di fuoco, i paesaggi incendiati. E una coltre nera che rende scure le strade e gli umori degli agricoltori che vedono danneggiate le loro coltivazioni. Adesso le ceneri da problema possono diventare opportunità. Da rifiuto a risorsa. Le ceneri vulcaniche, cadute copiosamente soprattutto sui paesi pedemontani nelle ultime settimane a seguito dei frequenti parossismi del vulcano potrebbero essere utilizzate per diverse applicazioni nei settori dell'ingegneria civile e ambientale. A supportare tale ipotesi sono i risultati del progetto Reucet (Recupero e utilizzo delle ceneri vulcaniche etnee), condotto da un team di studiosi dell'Università di Catania e finanziato dal ministero dell'Ambiente. Infatti, come evidenziato dal professore Paolo Roccaro (ordinario di Ingegneria sanitaria ambientale del dipartimento di Ingegneria civile e Architettura - Dicar), responsabile scientifico del progetto Reucet, l'uso delle ceneri vulcaniche in sostituzione di materiali naturali consentirebbe il duplice vantaggio ambientale di ridurre il consumo di risorse naturali e di evitare lo smaltimento della cenere come rifiuto, promuovendo la transizione verso un'economia circolare. È stato studiato l'uso della cenere in processi e tecniche di produzione già esistenti con immediato trasferimento tecnologico alle piccole e medie imprese del territorio. Sono state a tal proposito valutate diverse possibilità di utilizzo della cenere e dei lapilli dell'Etna: dall'impiego nel calcestruzzo, nelle malte, negli intonaci, alla realizzazione di prodotti laterizi tradizionali, a sottofondi stradali, a opere geotecniche, fino a soluzioni in cui viene utilizzato come adsorbente con finalità di riduzione dell'inquinamento. In particolare, risultati interessanti sono stati trovati nel confezionamento di malte, intonaci e pannelli isolanti, grazie alle proprietà di isolamento termico dovute all'elevata porosità che contraddistingue i prodotti piroclastici. Inoltre, i prodotti ceramici realizzati presentano complessivamente caratteristiche fisico-meccaniche in linea con quelle mostrate dai prodotti ceramici convenzionali, persino migliori in alcuni casi. I ricercatori del progetto Reucet hanno anche valutato la realizzazione di materiali innovativi (compositi fotocatalitici e zeoliti) per il contenimento dell'inquinamento. Un'altra alternativa appropriata e sostenibile studiata è il recupero ambientale di aree degradate chepermetterebbe di impiegare le migliaia di tonnellate di cenere cadute. Anche l'impiego nell'edilizia e nelle pavimentazioni stradali della viabilità provinciale consentirebbe l'uso di volumi importanti con limitati costi di trasporto. I ricercatori dell'Università di Catania hanno anche evidenziato la necessità di intervenire sulla normativa vigente, al fine di valorizzare il recupero delle ceneri vulcaniche etnee, e di prevedere risorse economiche ad hoc. Infatti, ad oggi, le ceneri vulcaniche etnee, a seguito di ordinanze contingibili e urgenti, vengono classificate come rifiuto da conferire in discarica (costo di circa 120 euro per tonnellata) o presso gli impianti di recupero di inerti (costo di circa 12 euro a tonnellata) con notevole risparmio. Tali costi si aggiungono a quelli della raccolta delle ceneri dalle strade (diverse centinaia di migliaia di euro). Pertanto, occorrono ingenti risorse pubbliche, sottolinea l'ateneo, per sostenere le amministrazioni locali. Infine, occorre sensibilizzare i cittadini a collaborare alla raccolta della cenere vulcanica al fine di agevolarne il recupero e di ridurne i costi di gestione. Il progetto Reucet, conclusosi nel febbraio del 2020, per la prima volta ha affrontato il problema del recupero delle ceneri vulcaniche etnee in modo sistematico. Infatti, la tematica è stata affrontata con un approccio interdisciplinare che ha coinvolto diversi gruppi di ricerca coordinati dai professori Salvatore Damiano Cafiso, Loredana Contrafatto, Ernesto Motta e Federico Vagliasindi del Dicar, Antonino Pezzino e Marco Viccaro del dipartimento di Scienze biologiche geologiche e ambientali e Enrico Ciliberto del dipartimento di Scienze chimiche.