I primi cento giorni di un’Amministrazione americana sono una data importante: per i media, ma non solo. In cento giorni un nuovo presidente stabilisce già quale direzione prenderà il suo mandato, a quali priorità dovrà dare più importanza. Per Joe Biden la risposta è stata chiara sin dal primo minuto, ed è ovviamente la lotta al Covid. Biden si era dato l’obiettivo di vaccinare 100 milioni di americani nei suoi primi cento giorni alla Casa Bianca: ma l’obiettivo è stato raggiunto prima del previsto (con 43 giorni di anticipo, per la precisione) e così il presidente ha portato il tetto da raggiungere a 200 milioni di persone, lasciando immutata la scadenza, i primi cento giorni del suo governo. I primi cento giorni di Biden partono dunque all’insegna di questo successo: e del fatto che il presidente sia riuscito a sopravvivere alla sua prima conferenza stampa senza commettere una delle sue proverbiali gaffe.

Qualcuno ha giudicato l’appuntamento noioso, dopo i fuochi d’artificio di Trump: ma per la maggior parte dei commentatori è stato positivo trovarsi di fronte a qualcuno che promette di usare i suoi 36 anni da senatore e otto da vicepresidente per guidare il Paese con mano salda. Ma aggiudicarsi un buon punteggio all’inizio della corsa non basta. L’America oggi è un Paese pieno di attese, che si aspetta di poter tornare presto alla sua vita: il piano di rilancio economico e la promessa che due terzi della popolazione saranno vaccinati per fine aprile sono fonte di molte speranze, a cui Biden dovrà dare risposta. Una sfida non semplice per il presidente, considerando che i Repubblicani si stanno preparando per strappare ai rivali il Senato nelle elezioni di midterm in programma per il 2022, allo scopo di far deragliare il suo programma di governo. E che i numeri dicono che l’ultimo presidente democratico capace di mantenere il controllo di Camera e Senato per l’intero periodo del suo mandato fu Jimmy Carter, 45 anni fa.

Nello stesso tempo, verso Washington si muove un vento di tempesta che arriva da Oriente, con minacce da Corea del Nord, Cina e Afghanistan: se con questi Paesi si aprisse uno scontro politico o militare si tratterebbe di una crisi tanto grave da stendere un’ombra imponente sulle politiche dell’amministrazione. Biden ha più volte sottolineato il fatto che le sue priorità siano domestiche, non internazionali: che intende investire in grandi infrastrutture e dare una spinta in avanti a progetti di energia pulita, che vuole occuparsi di cambiamento climatico. Ma tutto questo potrebbe finire in fondo alla scala delle priorità se dalla Cina o dalla Corea del Nord venissero mosse ostili. C’è poi il capitolo disinformazione da affrontare, un fenomeno diventato mainstream durante l’amministrazione Trump che ora il suo successore deve affrontare in pieno: dal giorno dell’insediamento di Biden, non è passato un giorno senza che un’armata di guerrieri digitali non animasse una vera e propria guerra della disinformazione.

Secondo un sondaggio piuttosto scioccante condotto da Yougov, l’80% degli elettori che si identificano come repubblicani non crede che Biden abbia legittimamente vinto le elezioni. Questi americani sono terreno fertile per chi vuole propagare la menzogna di un’elezione rubata e per chi non ha fiducia nel governo, nei media, nei grandi gruppi del mondo high tech (bigtech) o della farmaceutica (Bigpharma): si tratta di un gruppo composito che spesso negli ultimi anni si è incrociato e sovrapposto a quello dei fondamentalisti anti-aborto e anti-gay. Le informazioni false che questi gruppi diffondono in questa fase hanno gioco facile con le insicurezze e la sfiducia che tanti americani stanno affrontando: per esempio, bigtech è diventata un bersaglio perché – secondo questi gruppi – cancella la voce dei conservatori, cacciandoli da Facebook e Twitter e mostrando chiaramente di preferire la sinistra alla destra.

Spesso le notizie che questi gruppi diffondono sono false: ma non vi aspettate mea culpa o scuse, anche quando le menzogne vengono rivelate. Lo scopo è solo quello di minare la fiducia nel governo, nella scienza e nell’ordine sociale in cui viviamo. Tante tempeste, un capitano solo a cercare di governarle: eccoli dunque i primi cento giorni di Joe Biden. Quelli di un’America che tenta di tornare “normale” dopo la presidenza più anomala della sua storia. E che per farlo si affida a un uomo non più giovane, ma di certo ricco di esperienza. E ai membri della sua Amministrazione, impegnati come non mai a riparare un Paese a pezzi.

JOHN FIEGENER