Nel 1880 Auguste Renoir venne in contatto con il banchiere Louis Cahen d'Anvers, un borghese parigino dai gusti raffinati in fatto di pittura. Fu un amico di famiglia, Charles Ephrussi, anche lui discendente di una casata di banchieri, nonché collezionista e influente editore della “Gazette des Beaux-Arts”, a convincere Cohen a rivolgersi a Renoir, al quale aveva già commissionato vari ritratti della sua famiglia. La moglie di Cohen era una bellissima donna triestina, Louise de Morpurgo (1845-1926), amica di Proust e Baudelaire, e fu lei a incontrare il pittore. Il progetto riguardava le figlie: dalla commissione nascono “Rosa e Blu”, un doppio ritratto di Alice ed Elisabeth, e l’altro quadro “La bambina con il nastro blu” che rappresenta la piccola Irène, confinata dalla stanza della servitù.

“La Petite Fille au ruban bleu” del 1880 è ora conservato nella Collezione Bührle, una fondazione e collezione di arte impressionista e moderna con sede in Zollikerstrasse 172, a Zurigo, in Svizzera. Questo quadro è al centro di una storia impressionante. Nel settembre del 1945, appena terminata la guerra, in una Germania distrutta, un treno parte per Parigi. A bordo viaggia un passeggero speciale: una tela che una donna sta cercando perché rappresenta per lei l’affascinante ricordo della sua infanzia, oltre a essere tutto ciò che le resta della sua famiglia, il quadro di Auguste Renoir. Lei si chiama Irène Cahen d'Anvers, è ormai anziana, ma quel quadro è il suo ritratto da bambina, quando aveva appena otto anni, i suoi capelli erano ancora rossi, lo sguardo ceruleo, la faccia innocente. Non poteva sapere, all’epoca dell’infanzia, che il destino di quel quadro si sarebbe intrecciato con quello della sua famiglia fatto di furti, spoliazioni, trasferimenti, morti. Una differenza sostanziale tra l’autore, il pittore della joie de vivre, e il destino crudele della famiglia del banchiere Louis Cahen d'Anvers.

Un docufilm racconta ora le vicende di quel quadro: si intitola “Renoir e la bambina con il nastro blu”, disponibile sulla piattaforma Nexo+, della Nexo Digital. Questa produzione, firmata Harbor Films, scritta da Nicolas Lévy-Beff e Nadine Lermite, è un collage di lettere, documenti, filmati storici di Renoir. Nel film vengono intervistati lo scrittore Pierre Assouline, la storica dell’arte Emmanuelle Polack, il direttore e curatore della Collezione Emil Bührle Lukas Gloor. Al centro dell’azione troviamo il Commando Reichsleiter Rosenberg, l’unità speciale del nazismo che aveva il compito di saccheggiare e confiscare tutto il materia le ritenuto importante nei paesi occupati dalle truppe germaniche, tra cui anche numerose opere d’arte. Parallelamente alla vicenda della tela, il docufilm ricostruisce anche quella del suo pittore, la carriera di artista squattrinato, affetto da artrite rematoide, arrivando a chiedere, in punto di morte, una tela e dei pennelli per dipingere i fiori sul davanzale della sua finestra. I

rène sposa Moïse de Camondo, anche lui collezionista d’arte, anche lui banchiere, ma il matrimonio non è felice. Quando si separa, e si converte al cattolicesimo per sposare un nobile d’origine italiana, il conte Sampieri, viene estromessa dalla cerchia familiare. Il figlio Nissim, che durante la Prima guerra mondiale si distingue per il suo coraggio, muore cadendo con il suo areoplano durante una missione, mentre il quadro di Renoir viene donato alla figlia di Irène, Béatrice, confluendo nella collezione del marito, il compositore Léon Reinach. Allo scoppio della guerra, Reinach cerca di mettere in salvo i suoi quadri affidandoli ai musei pubblici: le grandi collezioni francesi, infatti, vengono allontanate da Parigi per tentare di sottrarle ai tedeschi. Rubata dai nazisti, attribuita per errore a un altro proprietario, utilizzata a un certo punto da Hermann Göring, luogotenente di Hitler, come moneta di scambio, la tela venne ceduta nel 1942 in cambio di un’opera del pittore senese Girolamo Del Pacchia.

Ritrovato dai Monument Men americani nel 1945, in Baviera, il quadro torna in Francia: bellissime le immagini d’epoca dei quadri imballati e caricati su un treno merci che porta la scritta “Paris” e quelle riprese dai cinegiornali della mostra organizzata all’Orangerie per mostrare ai francesi i capolavori tornati in patria. Irène Cahen d'Anvers è l’unica sopravvissuta alla guerra, mentre la figlia Béatrice con il marito e i figli è finita ad Auschwitz. Falsificate le sue dimensioni e la data di creazione, l’opera si perse finché la sua modella, all’età di 74 anni, si troverà davanti a lei, ritratta 66 anni prima. Riuscirà a riottenere il quadro nel 1946, poi lo rivenderà qualche anno dopo. La destinazione finale della bambina è quasi uno scherzo del destino. Emil Bührle, che pure acquisì in modo legale il Renoir da una galleria, era un mercante d’armi, la cui grande fortuna derivò anche dai rapporti intrattenuti con il terzo Reich. Una storia di sopravvivenza comune: Irène che resta viva come il suo quadro; sopravvisse alla furia nazista grazie al cognome del secondo marito e morì vecchissima, a Parigi, nel 1963. Così la figlia, Claude Sampieri e le due nipoti. Divenuta erede dei figli di primo letto, nel 1950 Irene aveva acquistato una villa a Cannes, Villa Araucaria, dove trascorse parte della sua vecchiaia.

L’altra opera di Renoir, “Rosa e Azzurro”, finirà invece al Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand. Qui sono ritratte le sorelle Alice ed Elisabeth Cahen d'Anvers, rispettivamente di cinque e sette anni al momento dell'esecuzione dell'opera, nel 1881. La sensazione è quella di un dipinto lontano dalla tipica poetica impressionista, che prediligeva soggetti tratti dal quotidiano: in questo caso ci troviamo di fronte a quello che assomiglia a tutti gli effetti a un ritratto ufficiale. Alice visse a lungo, Elisabeth venne deportata in un campo di concentramento nazista, anche se si era convertita fin da giovane al cattolicesimo, dove morì nel 1944. L'opera venne venduta da Louis Raphaël Cahen d'Anvers agli inizi del Novecento a un altro collezionista, Gaston Bernheim de Villiers, ma nel 1952, in seguito a un'ulteriore vendita, passò al museo di San Paolo in Brasile, dove è conservato ancora oggi.