di Pietro Lignola
Un comico che non fa ridere è una delle cose più tristi che si possa immaginare. Fino a ieri Beppe Grillo, già comico di professione, recitava nella parte di cofondatore del movimento cinque stelle. Certo, la sua posizione di padre nobile si era complicata con la scomparsa di Casaleggio padre, che aveva poi portato alla rottura con la piattaforma Rousseau. Certo, l'entrata in scena di Conte, che trasforma definitivamente il movimento protestatario in un partito tradizionale, non gli ha giovato: egli si sentiva più a suo agio con fanciullini che, invecchiando, non erano riusciti ad acculturarsi, ma solo a impratichirsi di trastole e cose simili.
Ma era sempre rimasto il principe dei giustizialisti, surclassando quelli della sinistra ufficiale che non lo erano mai quando il sospettato era un compagno, perfino se era un "compagno che sbagliava". Grillo non la faceva buona a nessuno, egli era forse convinto di identificarsi con il grillo di Pinocchio, lui, la buona coscienza di un popolo imperfetto come quello italiano.
Ora il processo per stupro contro Grillo junior e i suoi amici è stato disseppellito dagli archivi giudiziari e questo il grande Beppe non riesce a sopportarlo. Ha vomitato un torrente d'indignazione e d'insinuazioni che nemmeno un garantista doc sarebbe riuscito a mettere insieme! Questo fa ridere? No, no, non ci siamo. Il disgusto non fa ridere e, del resto, Grillo non mi ha mai strappato un sorriso, nemmeno quando avrebbe dovuto farlo per mestiere.
Egli ora si è soltanto tolto la maschera che aveva indossato per entrare in politica e appare a tutti quello che a me e molti altri è chiaro da tempo: egli è un uomo della nuova sinistra, piazzaiola nel peggiore dei modi e ferocemente giustizialista quando i suoi militanti in toga massacrano gli avversari. Non li ho mai sentiti commiserare Bettino Craxi, fisicamente eliminato perché stava di traverso sulla loro strada, né si sono mai pentiti dell'indecente persecuzione contro Berlusconi. Non hanno consigliato ai compagni togati di lasciare in pace Salvini per evitare che la gente si convinca definitivamente che, tutto sommato, Palamara non rappresenta il peggio della magistratura.
Grillo è un estremista del giustizialismo, della stessa stoffa di quei manifestanti che gettavano le monetine a Bettino Craxi. Ma, come tutti i supergiustizialisti, non può ammettere che la giustizia si occupi anche di lui e dei suoi. Questo è normale (nel senso di abituale, non di corretto), non fa ridere: se le labbra devono entrare in azione, è solo per sputare o per fare quel verso reso celebre da Eduardo. Ma cosa c'è di diverso rispetto ai tentativi di Speranza o di Arcuri di conservare una verginità persa con i rapporti occultati o con le compravendite cinesi? Cosa di diverso rispetto al procuratore, trasferito perché faceva troppe distinzioni tra figli e figliastri? Cosa di diverso rispetto al silenzio calato su Bibbiano e dintorni? Femminofobia e me-too, come la corruzione e le stragi, vanno male sono se attribuite ad altri!
Pensateci per un momento. I dem di oltre oceano non sono diversi dai nostri, dei quali Grillo è membro onorario, anche se subalterno. Ora stanno spingendo per combattere i russi e sobillano gli ucraini, ieri accusavano i russi di sostenere Trump, ma ieri e oggi sono sempre pronti a giurare che il figlio di Biden in Ucraina non ha mai messo piede, altro che stipulare contratti miliardari! Vero è, come si dice nella nostra lingua, che 'e figlie so' piézze 'e còre, ma dovremmo prima risolvere il dubbio se quei padri un cuore ce l'abbiano o abbiano solo messo il portafogli nella loro tasca preferita, quella a sinistra!