Dalla Redazione

Ma oggi come oggi festeggiare il 1° maggio ha ancora tanto senso? Purtroppo non siamo più negli anni ’60, ’70 e ’80, quando a partire dal periodo del boom economico sì che c’era davvero, il lavoro. Adesso, come sappiamo, l’intero pianeta è impoverito, appunto perché manca l’occupazione. Ogni giorno leggiamo di numeri incredibili di povertà, di persone che restano a spasso e che difficilmente ritroveranno i propri compiti. Qualche numero per fare capire la situazione attuale italiana? Un milione o quasi di posti di lavoro persi nell'ultimo anno, concertati nelle fasce deboli del precariato, soprattutto femminile e giovanile. Altri 600 mila precari che rischiano di incontrare la stessa sorte. Cinque miliardi di ore di cassa integrazione dell'ultimo anno e la caduta dell'11% delle ore lavorate. Quasi 40 miliardi di massa salariale andata persa per effetto della crisi pandemica. Di certo il Coronavirus non ha aiutato, ma ha comunque accelerato un processo che di anno in anno porta sul lastrico milioni di uomini e donne. Insomma, festeggiare il 1° maggio ha avuto senso? I tempi sono cambiati. In Italia, così come in Uruguay ovviamente. Una crisi lavorativa che ha colpito anche tantissimi connazionali che vivono all’estero che, in pratica, se la devono vedere da soli. Sono anni oramai che gli italiani residenti fuori del BelPaese si sentono abbandonati dalle istituzioni dell’amata Patria e certamente non è che l’attuale ministero degli Esteri si stia dando da fare più di tanto per correre in loro soccorso. Più che festeggiare quel lavoro che appunto non c’è più, bisognerebbe almeno pensare a quello che tanta gente aspetta come linfa vitale, come per esempio i passaporti o la cittadinanza. Cosa chiede la gente? Che le istituzioni, tipo la Farnesina, possano essere a fianco di chi un lavoro non lo trova, di chi lo ha perduto, di chi chiede di poterlo svolgere in sicurezza, con dignità e vedendo riconosciuti i propri diritti. Di chi rimasto all'estero senza il lavoro cerca di rientrare al piú presto nel proprio Paese, e si trova di fronte ad una burocrazia ingigantita dal Covid... Rinnovo passaporti, accelerare la cittadinanza per moglie e figli... un ostacolo insormontabile di questi tempi.... E invece si costruiscono "ad horas"come se fosse la cosa piú importante prima del Covid cattedrali nel deserto come a Montevideo, giustificando l'impellenza della spesa con l'attuale sala di aspetto "di soli 15 metri quadrati," facendo finta di dimenticare che in quei 15 metri da tempo possono sostare solo 3 o 4 persone perché si entra solo per appuntamento e sono ad orari... quindi di quale "l'affollamento" si parla? Non solo... si sbandiera ai quattro venti 800 persone giá assunte che aiuterebbero le strutture consolari nel lavoro. Un altra balla... Dai sindacati del settore arriva la veritá..."i posti ricoperti corrispondono al 23,78% dei posti messi in pubblicitá - é scritto - in pratica sono stati assegnati 88 posti su un totale di 370... La "desertificazione" delle sedi all'estero rappresenta ormai una drammatica costante che si protrae da molto tempo..." Altro che 800 assunti... La veritá é che mancano ( anche a Montevideo ) i funzionari, quelli di ruolo, quelli che fanno andare avanti i consolati, e quei pochi al lavoro nel mondo hanno scartato il Sudamerica ( e l'Uruguay) perché sono "sedi disagiate" solo sulla carta.... Mancano e non si fa nulla anche perché molti politici eletti all'estero spingono per evidenti ragioni di voti all'assunzione di contrattisti del posto, poco importa se non sono abilitati alla firma.... Ieri, primo maggio doveva e deve essere un giorno di riflessione sul lavoro che non c’è. E bisogna pensare soprattutto a chi il lavoro l'ha perso a causa della pandemia. Il mondo del lavoro, dopo un anno di emergenza sanitaria, sta vivendo un momento durissimo e il pensiero deve andare a tutti coloro che hanno visto svanire nel nulla i sacrifici di una vita. Ma non si può pensare di risolvere i problemi solo con gli ammortizzatori sociali e con i bonus. Solo con il lavoro si crea la vera rinascita. A oggi, in Italia, la situazione non ci ha permesso di poter festeggiare per qualcosa che, di fatto, non c’è o manca a molti. Il lavoro è un valore fondamentale. Senza lavoro non c'è libertà e senza libertà non c'è dignità. DALLA REDAZION