A settanta anni compiuti Carlo Verdone sente il bisogno di fare il punto sulla sua esistenza composta di tanti successi cinematografici ma anche dal peso dei ricordi. Nasce da questa esigenza la sua autobiografia "La carezza della memoria" edito da Bompiani (pagine 224, 17 euro) che riprende quel tono ironico di cui è piena la sua attività creativa. Dopo il precedente volume "La casa sopra i portici", edito sempre da Bompiani, Verdone si conferma scrittore maturo in virtù di una prosa sobria, scorrevole, accattivante. Il libro è suddiviso in capitoli che rimandano a episodi della sua gioventù e all'affermazione e consacrazione dell'autore come regista cinematografico.

È veramente il film della sua vita, con riflessioni mai scontate o banali, con venature di crepuscolare malinconia, prive però di sentimentalistica retorica. Spiccano i ricordi delle sue esperienze in treno verso Torino, chiamato dal regista Enzo Trapani e dal dirigente Bruno Voglino a partecipare, negli studi Rai del capoluogo piemontese, alla trasmissione "Non stop". Un'esperienza di successo che lo lanciò in modo definitivo nel mondo dello spettacolo. Il libro è arricchito da un testo inedito del padre dell'autore, Mario Verdone, docente di Storia e critica del cinema e studioso d'arte e di spettacolo, scomparso nel 2009. Una scoperta familiare fatta da Carlo rovistando tra gli archivi paterni. Alcuni capitoli evidenziano l'animo sentimentale e generoso dell'autore: quello riguardante Maria (un'avventura dei suoi anni giovanili) e quello dedicato alla signora Stella, una donna malata terminale che Carlo ha assistito e confortato.

Il capitolo finale è dedicato a Siena, la città dov'è cresciuto suo padre Mario, che costituisce forse la nota più toccante, il vero cuore del libro. Morto il padre, Mario Verdone crebbe a Siena, città d'origine della madre, abitando nella Contrada della Selva, alla quale rimase sempre profondamente legato. Nonostante le modeste disponibilità familiari, Mario Verdone riuscì a completare gli studi presso il liceo classico senese e laurearsi una prima volta in giurisprudenza con Norberto Bobbio, affrontando una tesi in filosofia del diritto nell'anno accademico 1939-40, e una seconda volta in scienze politiche con Andrea Rapisardi Mirabelli, discutendo una tesi in Storia delle dottrine politiche nell'anno accademico 1941-42.

Da generazione in generazione, nel fluire del tempo, Carlo Verdone racconta la sua vita dedicata al teatro e al cinema senza alcuna autocelebrazione né compiacimento per i successi ottenuti, svelando invece la sua natura di persona semplice che sa mettere al centro del suo vissuto i valori dell'uomo. Carlo non riesce a dormire. Si affaccia dalla terrazza di casa, disegna la sua penombra, anche per lui la notte è troppo lunga per certe domande senza risposta. Un libro scaturito nel silenzio della sua casa, un palazzo anni '70 nel quartiere Monteverde, da cui si gode la vista della sua Roma descritta oramai in ben 27 pellicole da regista. Un fermo immagine dell'esistenza attraverso la scrittura dell'ultimo libro, alternativa espressiva a un film, ma ugualmente necessario nei giorni del Covid che ha rischiato di annientare le fonti d'ispirazione di registi e sceneggiatori. Sono stati e sono giorni complessi anche per uno come lui, curioso sulla sua città, sempre alla ricerca di idee e progetti, con lo sguardo puntato ai difetti umani.

Non a caso le sue creature cinematografiche sono quasi sempre prese dal vero, scovandole per strada, scoprendo talenti, elevando il quotidiano a finzione. Sono nati da questo punto d'osservazione personaggi come il padre dell'hippie Ruggero in "Un sacco bello" (1980), poi l'indimenticabile Augusto, papà della sua fidanzata in "Borotalco" (1982), ispirato alle proprie insicurezze giovanili in una capitale fedelmente romana, quella dei primi anni '80. Quella delle lunghe tavolate in strada per lo scudetto della Roma di Conti e Falcao del 1983. Dei dopoteatro nei ristoranti di via Margutta.

Quella che di lì a poco cambierà pelle, assottiglierà il profumo di pizza nei vicoli del Pantheon, smetterà di essere la città contradditoria visionaria di Federico Fellini, dei pizzicagnoli, delle voci di mamma e papà dalla finestra. Verdone nasce, ispira la sua arte in quella Roma orgogliosa nel Ponentino, un po' paesone, sfrontata negli accenti e nei profili. Come quello mitico piacione-ingannatore di Manuel Fantoni (Angelo Infanti, Borotalco 1982), del burino arricchito Walter Finocchiaro (Angelo Bernabucci nel magnifico "Compagni di scuola" 1988) o dello stesso Verdone in film come "Viaggi di Nozze" (1995), "Bianco, Rosso e Verdone" (1981) o dell'ultimo "Si vive una volta sola" (2020). Nel suo ultimo libro, però, non ci sono i personaggi ma il cittadino normale, sensibile, altruista e arrabbiato, ispirato dal silenzio del terrazzo, da una scatola di ricordi aperta per uccidere in quale maniera il virus.

di Marco Ferrari