di Matteo Forciniti

È un legame mistico abbastanza conosciuto quello che lega il Palacio Barolo di Buenos Aires al Palacio Salvo di Montevideo. Due edifici “gemelli” che uniscono le due città separate dal Rio della Plata nel sogno del suo ideatore, l’architetto milanese Mario Palanti autore nel secolo scorso di queste due costruzioni che sono il simbolo di un’epoca.

All’interno di questo filo rosso che lega l’Argentina e l’Uruguay è nascosto un rapporto misterioso con la Divina Commedia di Dante Alighieri che secondo diverse teorie ebbe una notevole influenza nello sviluppo due progetti. A far riemergere questa storia è stata la professoressa Estela Abal che ha tenuto giovedì sera una videoconferenza organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura di Montevideo per i 700 anni della morte del poeta.

Luigi Barolo era un emigrato italiano che fece fortuna in Argentina agli inizi del novecento grazie alla produzione di cotone. Voleva costruirsi il suo grattacielo e allora entrò in contatto con l’architetto Palanti ma c’è chi assicura che entrambi condividevano l’appartenenza a una loggia massonica segreta di Buenos Aires. “Il loro piano” -secondo diverse ricostruzioni- “era quello di portare nel Rio della Plata le ceneri del sommo poeta (molto ammirato da entrambi) dato che in quegli anni l’Europa era sotto la minaccia della distruzione della guerra”.

L’edificio situato sulla centrica Avenida de Mayo della capitale argentina si sarebbe dovuto inaugurare in occasione dei 600 anni della morte di Dante ma in realtà i lavori durarono un po’ di più e l’inaugurazione avvenne nel 1923. Barolo non lo vide mai concluso dato che morì un anno prima in circostanze poco chiare.

“Tra il Palacio Barolo e la Divina Commedia c’è un rapporto mistico che è dato da tantissimi elementi” ha assicurato la docente di storia dell’arte ed esperta di salvaguardia del patrimonio culturale. C’è innanzitutto “l’architettura, le sculture e poi le sue decorazioni con una serie di dettagli che hanno una chiara simbologia massonica”. Lo stesso edifico può essere considerato come un lungo viaggio analogo a quello più celebre compiuto dal padre della lingua italiana: “Si parte dal passaggio pedonale che rappresenta l’inferno, poi c’è una zona intermedia come purgatorio e infine la cupola, ovvero il paradiso, con il suo faro che si collegherà in seguito a Montevideo”. 

Anche i numeri sono estremamente significativi offrendo ulteriori indizi: “Gli archi di accesso sono 9, lo stesso numero degli anelli dell’inferno, i piani sono 22 come le strofe di ogni canto e i metri di altezza che raggiunge sono 100 come i 100 canti dell’opera”.

La torre “gemella” del Barolo è il Palacio Salvo di Montevideo situato all’angolo tra Plaza Independencia e l’Avenida 18 de Julio. Fu inaugurato nel 1928 su impulso di una famiglia ligure, i fratelli Salvo originari di un paesino della provincia di Savona, Murialdo. 

Seppur con alcune leggere differenze, i due edifici sono praticamente identici nella struttura e nella simbologia. Anche in questo caso il punto di partenza è un viaggio dove si sale dal basso verso l’alto partendo dal passaggio pedonale considerato come l’inferno. Si prosegue all’esterno con il purgatorio per poi tornare dentro con la scalinata che porta fino alla cupola, vale a dire il paradiso.

“Il sogno di Palanti” -ha concluso la professoressa nella sua presentazione- “era quello di illuminare tutto l’estuario del Rio della Plata attraverso questi due fari perché tutta questa zona ha un richiamo estremamente significativo dato che si trova sotto la costellazione della croce del sud, un elemento che troviamo nella Divina Commedia e che ha una funziona sacra. Queste due torri possono essere infatti viste come le colonne di Ercole”.