Di OTTORINO GURGO

Pur se il personaggio - anche a causa del suo temperamento e di una ben orchestrata campagna mediatica - è stato demonizzato, nessuno può negare che il regista dell'elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica fu Matteo Renzi. L'operazione fu coronata da successo, anche se costò all'allora segretario del Pd, la rottura del cosiddetto "patto del Nazareno" stipulato con Silvio Berlusconi che non perdonò a Renzi di non averlo preventivamente informato delle sue intenzioni. E non si può neppure negare che fu Ciriaco De Mita a rendere possibile l'elezione al primo turno di Francesco Cossiga. Ora, nell'approssimarsi dell'elezione di colui che dovrebbe (usiamo il condizionale non essendo affatto certi che, almeno sino alla fine della legislatura, il cambio effettivamente ci sarà) prendere il posto di Mattarella, ci si domanda se ci sia, in questa occasione, qualcuno che possa aiutare le forze politiche a trovare una soluzione al rebus dell'elezione presidenziale. In realtà siamo di fronte ad un autentico puzzle ed è tutt'altro che semplice riuscire ad inserire al suo posto ciascuna delle tessere che lo compongono. Ad accentuare le difficoltà è il fatto che le forze politiche - e qui davvero stentiamo a far differenza tra l'uno e l'altro schieramento - vivono in uno stato confusionale, divise al loro interno e condizionate da contrastanti interessi. Se ci fosse consentito far ricorso ad un parallelismo di stampo calcistico, potremmo dire che il nostro "corpo politico" si trova nella situazione di una squadra che, nell'approssimarsi di una partita importante, ha bisogno di avere un uomo d'ordine che organizzi e disciplini il gioco. Allora la domanda è questa: c'è, nel panorama politico italiano qualcuno in grado di indurre i leader dei partiti a trovare una soluzione? Ci sembra quantomeno difficile dare a questa domanda una risposta positiva. E, a conforto del nostro scetticismo, è sufficiente aver riguardo a quanto sta accadendo per la designazione di colui che dovrebbe essere candidato a futuro sindaco di Roma. Non soltanto partiti come il Pd e i Cinquestelle, che pure si professano alleati, non riescono a mettersi d'accordo per una candidatura comune e si accingono ad andare al voto in ordine sparso, ma all'interno di entrambi emergono strappi. Come si può, dunque, pensare ad un accordo per un'elezione certo di maggior peso (che comporterà, peraltro, la permanenza in carica per sette anni del prescelto) qual è quella del Presidente della Repubblica? Ecco - lo ripetiamo - la necessità di un regista capace di indurre alla ragionevolezza i leader e i loro partiti. Le uniche personalità idonee ad esercitare un tale ruolo, in virtù della loro autorevolezza e del loro carisma, potrebbero essere Sergio Mattarella e Mario Draghi, all'apparenza non direttamente coinvolti nella partita. Ma solo "all'apparenza". E, comunque, per diverse, ma convergenti ragioni, nessuno dei due può assumere un simile compito. Con molte probabilità, pertanto, si rischia di andare ad una votazione "al buio" e non è difficile comprendere quali negative ripercussioni ciò avrà anche nelle elezioni politiche che si svolgeranno a poco più di un anno di distanza dalle presidenziali.