di Federica Fantozzi
Nell'era della politica fluida e dell'elettorato volubile, che illude i leader lasciandosi sedurre per abbandonarli al mancato incasso della prima cambiale, il momento è d'oro per Giorgia Meloni. Dal lato politico, bastano due fotografie. L'ultimo sondaggio Ipsos che ha certificato il sorpasso di FdI sulla Lega: 20,5% a 20,1%. Pochi decimali ma simbolici: frutto di lenta e costante erosione del salvinismo, dividendo dell'ossimoro di un'opposizione moderata e "responsabile" contrapposta al populismo di governo. E poi l'effetto calamita sui sui territori: proprio oggi il sindaco di Verona, città "nera" nel bianco veneto di Zaia, lascia il Carroccio per il partito meloniano.

Ma questa fase da Regina Mida, a cui tutto va inesorabilmente bene, non può prescindere dallo storytelling di "Io sono Giorgia", titolo dell'autobiografia che svela alle masse il volto umano della grintosa militante di destra: la paura di annegare (che non ne ammorbidisce la posizione sugli sbarchi dei migranti), il rischio che sua madre scegliesse di abortirla, il "pozzo nero" del padre che non l'ha amata, la lotta adolescenziale contro il sovrappeso, l'ansia da prestazione che rende la politica una sfida continua. Uscito l'11 maggio per Rizzoli, anticipato da una maxi-intervista di Aldo Cazzullo, il libro svetta al primo posto delle classifiche di saggistica da quattro settimane e si parla di 100mila copie vendute alla decima edizione, un record anche ora che le biografie politiche tirano.

È la ciliegina sulla torta di un'Operazione Empatia lanciata sui social e in tv in parallelo alle battaglie sui sostegni alle partite Iva, le riaperture dopo il covid, le terapie domiciliari, la redistribuzione dei migranti, la contrarietà alla liberazione di Brusca. Opinioni condivise con Salvini, che però sconta l'ambivalenza dell'essere di lotta e di governo. E dunque la freccia per la corsia di sorpasso Meloni l'ha messa da tempo: ad aprile YouTrend ne ha monitorato l'ascesa settimanale: l'8 era al 17,2%, il 15 al 17,4%, il 21 al 17,9%; Swg a maggio l'ha misurata al 19,5%. Sale anche il gradimento personale, fino al recente 37% della leader FdI contro il 31% del Capitano.

Insomma "Giorgia" - donna, mamma, italiana, cristiana, come nel suo discorso remixato e diventato tormentone su YouTube - incontra il "sentiment social" degli italiani (di centrodestra). Un articolo del "Corriere della Sera" ha approfondito queste dinamiche nei primi tre mesi del governo Draghi. Scoprendo che su Facebook Meloni ha conquistato 72mila followers contro i 34mila di Salvini (ma il secondo resta in testa con 4,3 milioni di seguaci contro l'1,8 di lei), quasi doppiandolo sull'engagement (l'interazione con la gente): 11%, con picchi del 24% rispetto al 6,6%, con picchi del 14%. Meccanismo analogo per Instagram: Salvini ha 2,3 miloni di fans ma ne ha persi 4600, Meloni ne ha soli 940mila però ne ha guadagnati 33mila. A fronte del divario di forze profuse: nel triennio 2019-2021 Salvini avrebbe investito 351mila euro per sponsorizzare i suoi post (grazie ai 25-30 collaboratori della Bestia) contro i 46mila erogati dallo staff meloniano, 6 persone guidate dal 30enne Tommaso Longobardo.

Più frastagliato il discorso delle ospitate in tv, dove Meloni evita (per ragioni familiari) la mattina presto e dove lo share è appeso a mille variabili. Ma si conferma il "tocco magico" dell'ex ministra della Gioventù. Molto bene su Mediaset, pubblico femminile del centro-sud: in trasmissioni come "Quarta Repubblica" di Porro o "Dritto e Rovescio" di Del Debbio vale mezzo punto di share in più. Anche su La7, rete sulla carta meno "compatibile", funziona: il 10 giugno a "L'aria che tira" di Myrta Merlino ha fatto un ottimo 4%, quanto con Enrico Letta ma con più spettatori (540mila lei, 400mila lui). Inoltre, garantisce un "effetto rimbalzo" delle dichiarazioni sui siti di notizie.

Si dice che a forza di nuotare controcorrente il salmone finisca sashimi, che a forza di navigare controvento la barca si capovolga. Adesso "Giorgia" ha il sole in fronte, e gli alleati – vedi la candidatura di Michetti a Roma – non possono fare altro che pazientare. Alla finestra per capire se è un'effimera rendita di opposizione, destinata a squagliarsi con questa premiership, o se l'arte diplomatica di Meloni, la sua abilità di evitare scivoloni, preludano all'evoluzione di un nuovo partito conservatore. Impresa a cui lavora dietro le quinte Guido Crosetto, soprannominato "il Giorgetti di Giorgia" (ma con un'interlocutrice meno riottosa della versione originale) incontrando professori, imprenditori, futuri dirigenti. Fu vera gloria? Non tanto alle urne, quanto alla successiva capacità di governare l'ardua sentenza.