Una porchetta di travertino, certamente immangiabile e probabilmente brutta – ma il bello non è un concetto assoluto – compie l'impresa di scontentare tutti. Siamo a Trastevere, nel centro di Roma. E quindi qualcosa di buono lo deve avere. Ma forse complice il caldo romano di questi giorni, i più scontenti, quelli della Lav, parlano di simbolo "dell'olocausto animale".

Perfetto esempio della scarsa conoscenza del peso delle parole e soprattutto delle proporzioni delle cose. Bella di certo non è. E anche il vicedirettore del Corriere della Sera Massimo Gramellini le ha dedicato un 'Caffé' bollandola come cattivo gusto.

E' la statua, l'installazione creata dagli studenti della Rome University Fine Arts e piazzata nel mezzo di Trastevere, quartiere centrale e simbolo della romanità. Piazzata lì perché voluta e finanziata dal pubblico, dal I Municipio e, si dice, costata la bellezza di 50mila euro.

Un'omaggio all'abitudine capitolina di mangiare per strada e ad un piatto tipico della tradizione dei sette colli. Bella tanto quanto banale idea, pessima realizzazione. Così pessima da aver unito tutti nel coro della bocciatura.

Per i 5Stelle è colpa del Pd, per Carlo Calenda colpa del sindaco Raggi. Per i trasteverini e i romani in genere di chi ha delle idee simili.

Ma, soprattutto, bocciata dagli animalisti intransigenti, i vegetariani e i vegani che l'hanno vissuta come un'offesa personale. "Simbolo dell'olocausto animale" l'ha definita la Lav, la Lega Anti Vivisezione. Per cui, evidentemente, umani e maiali hanno lo stesso valore.

"Sacrificio supremo, nell'ambito di una dedizione totale a motivi sacri o superiori". E' questa la definizione che si trova in rete di olocausto, termine divenuto sinonimo e utilizzato dal secondo dopoguerra per indicare il genocidio di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista e i loro alleati nei confronti degli ebrei d'Europa.

E, per estensione, lo sterminio di tutte le categorie di persone dai nazisti ritenute "indesiderabili" o "inferiori" per motivi politici o razziali. E per la Lav, evidentemente, anche dei maiali e degli animali tutti. Animali, per carità, a cui va garantito rispetto e che vanno trattati per quello che sono: esseri viventi.

Ma nel caso specifico appare stridente la scelta dei termini, perché se è giusto battersi per i diritti degli animali, come si possono mettere sullo stesso piano lessicale milioni di persone uccise nei lager con i maiali trasformati in panini?

Ma la lingua è pensiero che si fa parola e la scelta, evidentemente non casuale, svela l'intransigenza di un'idea divenuta dogma e, come tale, incapace di misurarsi con la realtà. Intransigenza che trasuda anche dall'affermazione: "L'arte non è arte se calpesta la sensibilità delle persone", pronunciata sempre a margine della porchetta di travertino da David Nicoli, responsabile Lav Roma.

Idea secondo cui la Guernica di Picasso non sarebbe arte in quanto offendeva la sensibilità dei nazisti, che comunque rientrano nella categoria persone. O idea per cui è giusto coprire le statue e i dipinti con i nudi di Raffaello o di chiunque altro quando in visita c'è il sultano di turno e idea per cui, di fatto, l'arte non dovrebbe proprio esistere perché ci sarà sempre qualcuno che la pensa diversamente. E per fortuna. Con buona pace della Lav e della porchetta.

di Alessandro Camilli