DI SUSANNA SCHIMPERNA

 

23 giugno 1858. La famiglia Mortara – Momolo, Marianna e i loro otto figli – è già andata a letto, quando nella loro casa in via delle Lame 196, a Bologna, irrompono il tenente colonnello dei carabinieri pontifici Luigi De Dominicis, il maresciallo Lucidi e il brigadiere Agostini, e ingiungono ai genitori sgomenti di svegliare subito tutti i bambini.

Cercano Edgardo, sei anni e dieci mesi. «Signor Mortara, sono dolente di significarle che Ella è rimasta vittima di un tradimento: suo figlio è stato battezzato, ho l’ordine di prenderlo». Così dice il maresciallo, contrito. Momolo e Marianna piangono, supplicano, arrivano a buttarsi in ginocchio. Un vicino di casa, accorso per il trambusto, dichiarerà in tribunale di aver sentito Lucidi dire che avrebbe preferito procedere all’arresto di cento malfattori, piuttosto che rapire quel ragazzo.

La drammatica vicenda è stata resa possibile da un passaggio incluso nel Corpus iuris canonici nel 633, nel corso del IV Concilio di Toledo: la Chiesa può strappare alle famiglie non cristiane i figli “oblati”, cioè offerti alla Chiesa pur in mancanza dell’esplicito consenso dei genitori, qualora una qualunque persona, anche estranea, affermi di averli battezzati.

Soggetto a modifiche da parte di vari papi, fino ad arrivare alla bolla di Clemente XIII che nel 1764 aveva dichiarato nullo un simile battesimo minacciando punizioni severe per chi se ne fosse reso responsabile, nel 1823 l’editto riguardante gli ebrei era stato ripristinato da Leone XII, e da quel momento si erano contati almeno una decina di casi di bambini ebrei “rapiti a scopo di battesimo”.

La famiglia Mortara è ebrea, e a essere individuata come autrice dell’iniziativa è la loro domestica cattolica, Anna Monsi, una ragazza analfabeta forse ventenne che crede di avere più o meno quindici anni, che firma più di una deposizione senza capire cosa veramente le stiano chiedendo e che si e contraddice continuamente. Per tutti è subito evidente che Anna non può aver ordito il piano di cui la si ritiene unica ideatrice ed esecutrice.

Il caso scoppia con una veemenza che sorprende e preoccupa le autorità ecclesiastiche, dato che tanto clamore non si è mai verificato prima. Ma i Mortara vanno ovunque, implorano chiunque, viaggiano per tutta l’Europa per perorare la loro causa. Cavour mostra la propria solidarietà in chiave antipapista, la stampa internazionale col Times e l’Allgemeine Zeitung in testa dà enorme risalto alla storia censurando l’operato del Vaticano, e intervengono in prima persona Napoleone III e Francesco Giuseppe I, per non parlare dell’Alleanza protestante, dell’Alleanza cristiana universale, della Società della Riforma scozzese, e naturalmente delle comunità ebraiche.

Mentre persino nelle principali città degli Stati Uniti vengono organizzate manifestazioni di protesta, Pio IX, con cui i Mortara hanno rivolto una supplica corredata da ampia documentazione (dove per esempio risulta che il bambino è stato rapito prima dei sette anni, età al di sotto della quale non è consentito il battesimo invitis parentibus), risponde con un Non possumus.

E il bambino, intanto? Edgardo, portato subito a Roma la notte stessa in cui l’hanno prelevato, è stato immediatamente battezzato col nome di Pio. Altra stranezza: non l’avevano tolto ai genitori proprio perché battezzato? Perché questo secondo battesimo?

Si tenta anche la via politica. Il nonno di Edgardo si rivolge al potente Luigi Carlo Farini, stimato patriota e diventato da poco “dittatore” delle Province provvisorie (ex Ducati ed Legazioni pontificie). A gennaio del 1860 le guardie del governo delle Regie Province dell’Emilia arrestano Pier Gaetano Feletti, il padre inquisitore da cui è partito l’ordine. Feletti sostiene di aver obbedito a sua volta a un ordine arrivato direttamente da Roma, dato per salvare la vita del piccolo: i signori Mortara avrebbero senz’altro ucciso Edgardo quando fossero venuti a conoscenza del suo battesimo. Feletti viene assolto.

Il 20 settembre 1870, alla presa di Roma partecipa anche Riccardo Mortara. Sa dove si trova suo fratello: tre anni prima, appena sedicenne, è stato ordinato sacerdote e ora vive in convento. Lo cerca ma Edgardo non vuole vederlo.

Momolo gioca un’ultima carta. Chiede aiuto a La Marmora, ma muore prima che l’allora generale possa fare qualcosa. Marianna continua la battaglia, e iscrive il figlio alla leva. Inutile anche questo. Il Vaticano lo manda a predicare a Parigi.

È proprio a Parigi che finalmente madre e figlio si rivedono, nel 1878. Ma l’incontro non va come Marianna aveva sognato. Edgardo cerca di convertire sia lei sia i tanti fratelli. Sembra interessargli solo questo. Alle insistenze del figlio, oppone un rifiuto sdegnato: lei è ebrea e resterà ebrea finché avrà vita.

Don Pio Mortara morirà a ottantotto anni, vicino a Liegi. I giornali, ricordando il suo caso, racconteranno ammirati che era capace di predicare in ben nove lingue.