di Juan Raso

Oggi é di moda parlare di algoritmi: algoritmi qui, algoritmi lá. Ma provate a chiedere a qualcuno “cos’é un algoritmo” e vediamo se vi risponde o cosa vi risponde. 

La parola ha origine araba, come lo evidenzia il prefisso “al” e pare derivi dal matemático Ben Musa Al-Xwārizmī (uomo della Corasmia), regione storica e geografica oggi divisa tra il Turkmenistan e l'Uzbekistan. In altre parole, la parola deriva del luogo di appartenenza di questo celebre matemático, che introdusse nel mondo occidentale la matematica e i numeri arabi. 

Se cerco nel dizionario la parola algoritmo, le risposte sono diverse, ma tutte tendono a indicare operazioni di calcolo: “ insieme di regole per la risoluzione di un calcolo numerico”, “procedimento matematico”, “metodo sistematico di calcolo”, “insieme di regole atte a risolvere un particolare problema”, etc. In parole piú semplici una moltiplicazione o una divisione sono algoritmi. 

A me, comunque, piace spiegare agli studenti il senso della parola col paragone di una ricetta di cucina, perché - anche se a qualcuno puó apparire strano - una ricetta gastronomica é tecnicamente un algoritmo, in quanto processo sistemático per risolvere un particolare problema, in questo caso “come riuscire a fare una torta”. 

Gli studenti vogliono capire meglio ed io parlo di una torta di crema. Prendo gli ingrediente necessari (farina, zucchero, uova, lievito, etc.), poi li impasto e metto il tutto al forno, ed ecco la torta di crema. Se voglio invece una torta di cioccolato, aggiungo agli ingredienti un po’ di cacao amaro in polvere, tutto al forno ed ecco una torta al cioccolato.

La differenza tra le due torte - concludo - sta negli ingredienti. Sono proprio gli ingrediente che determinano non solo la torta che voglio cucinare, ma anche la sua qualitá: eccesso di grassi o di zucchero, qualitá della farina, cacao vero o variegato.

Perché tutta questa spiegazione? Perché oggi l’Intelligenza Artificiale invade ogni attivitá umana e questa speciale intelligenza meccanica si nutre di algoritmi informatici, cioé di una base di calcolo che a partire da quantitá immense di dati, consente alle nuove tecnologie scegliere, decidere o gestire attivitá, che prima erano di competenza umana. In altre parole, gli algoritmi sono gli ingredienti dell’Intelligenza Artificiale.

Oggi la logica algoritmica può decidere l’acquisto di un sistema di sicurezza o scegliere il meccanismo piú adeguato per la protezione della salute, ma può anche  licenziare a un lavoratore perché ha una scarsa resa produttiva. Oggi l’accumulazione di dati (big data) può risolvere in tempi rapidi tanti problemi che vanno dall'agricoltura alla medicina, dalle operazioni di salvataggio con droni a calcoli di produzione in fabbrica o al conteggio delle balene nei mari del sud.

E questo é un bene o un male?, vi chiederete. Tutte le scoperte della storia dell’umanitá hanno risultati ambivalenti: il radio scoperto dai coniugi Curie serve per curare i tumori e produrre bombe atomiche; la dinamite apre gallerie e uccide in guerra. 

Nel caso dell'Intelligenza Artificiale, che si nutre di dati ed algoritmi, tutto dipende - come nel caso della torta preparata in cucina - dagli ingredienti usati per ottenere il risultato. Un algoritmo costruito da una persona scriteriata a partire da ingredienti dannosi, discriminanti o privi di ogni base etica, potrá avere risultati avversi per l'economia e le persone. Viceversa, l’uso degli ingredienti giusti aiuterá a risolvere molti problemi. 

Dove voglio arrivare? Il nostro futuro é inesorabilmente legato allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, a cui la nostra limitata intelligenza umana delegherá ogni volta piú funzioni. Questa realtá deve spingerci - e cosí lo stanno facendo i paesi piú avanzati del mondo - a riconoscere un nuovo diritto umano fondamentale: il diritto a conoscere gli ingredienti della “ricetta algoritmica”. Si parla quindi ogni volta di piú del diritto alla “trasparenza algoritmica”, che il Prof. Paolo Zuddas della Universitá degli Studi dell’Insubria, definisce como “l’obbligo, gravante sui soggetti che adottano decisioni con l’ausilio di sistemi automatizzati di trattamento dei dati, di fornire ai destinatari una spiegazione comprensibile delle procedure utilizzate e di motivare sotto questo profilo le decisioni assunte”. 

Tra il dire e il fare, c’é di mezzo il mare. Resta peró il fatto che dovremo nei prossimi tempi far valere - attraverso i partiti politici, le organizzazioni di imprenditori, i sindacati e le diverse istituzioni sociali - il nostro diritto alla trasparenza algoritmica, che non é altro che il giusto diritto di tutti noi di sapere com'è fatta la torta che ci fanno mangiare...