Di MARCO FORTIS

L’export del made in Italy sta inanellando un record dopo l’altro e primeggia in Europa esattamente come la nostra vittoriosa Nazionale di calcio. Infatti, mentre Prometeia nei giorni scorsi ha alzato le sue previsioni di crescita del Pil italiano nel 2021 a +5,3% (un punto percentuale pieno in più della media dell’Eurozona), confermando il momento magico della nostra economia, l’Istat e l’Eurostat oggi hanno comunicato i dati del commercio estero nel periodo gennaio-maggio, che evidenziano un aumento del 23,9% delle nostre esportazioni in valore rispetto ai primi 5 mesi dello scorso anno, contro incrementi del 15,6% per la Germania e del 15,9% per la Francia, nostri maggiori competitor nel campionato europeo dell’export. Non si tratta soltanto di un rimbalzo rispetto a un 2020 snaturato dai lockdown imposti dalla pandemia ma di una progressione costante del nostro commercio estero che dura ormai dal 2015 e che è frutto anche di alcune riforme e politiche economiche che hanno impattato molto positivamente sulla nostra competitività e produttività e che continueranno a giocare un ruolo importante anche nella nostra ripresa post Covid. Una politica su tutte: il Piano “Industria 4.0”, che ha permesso all’industria manifatturiera italiana di rafforzarsi, ammodernarsi e diventare prima per crescita del valore aggiunto e della produttività del lavoro tra i Paesi del G7 dal 2015 in poi, nonché di mettere il turbo all’export del made in Italy, che ha surclassato perfino quello della Germania. utti risultati degni di nota, ancorché poco noti, che non si erano mai verificati prima nei quindici anni precedenti dell’era dell’euro e che dovrebbero far riflettere coloro che pensano che l’Italia sia condannata inevitabilmente al declino. Pochi si sono resi conto dell’ampiezza della rivoluzione tecnologica provocata dal Piano Industria 4.0 sul nostro tessuto produttivo. Infatti, grazie agli stimoli di tale piano gli investimenti fissi lordi dell’industria manifatturiera italiana sono cresciuti in termini reali nel quadriennio 2015-2018 del 6,1 per cento medio annuo, con punte dell’8 per cento medio annuo in Veneto e in Puglia, dell’8,6 per cento in Lazio e del 10,5 per cento in Campania. Tassi di crescita “cinesi”. Tutto ciò si è riflesso in un notevole salto in avanti della nostra competitività. Il caso dell’export è emblematico. È come se la pandemia del Covid-19 fosse stata solo una breve - ancorché imprevedibile e terribile - parentesi nel processo positivo che ha visto fermarsi solo per pochi mesi la lunga corsa delle nostre esportazioni. Infatti, se prendiamo come periodo di riferimento i primi 5 mesi del 2015 e i primi 5 mesi del 2021, l’export italiano risulta aumentato in valore di oltre 35 miliardi di euro circa, cioè del 20,9%, ben più di quello tedesco, fermo a +13,7%, e di quello assai deludente della Francia, che segue distaccata con un incremento soltanto del 4,8%. In parole povere: da sei anni il made in Italy è molto più competitivo non solo del made in France ma anche e soprattutto del made in Germany. Sono davvero numerosi i settori italiani le cui esportazioni in questi ultimi sei anni sono cresciute nel periodo gennaio-maggio di più della media dell’export tedesco (cioè più del 13,7%, che prenderemo qui come benchmark). Infatti, considerando sempre il raffronto tra i primi 5 mesi del 2015 e i primi 5 mesi di quest’anno, osserviamo innanzitutto lo straordinario boom del nostro export farmaceutico, aumentato del 74%, un boom che ha apportato alle nostre vendite estere un contributo aggiuntivo nei primi 5 mesi di ben 5,7 miliardi di euro in sei anni. Ma anche il nostro settore degli alimentari e delle bevande ha fatto faville, con un incremento del 41,5% (5 miliardi in più rispetto ai primi 5 mesi del 2015), così come quello dei prodotti chimici, il cui export è aumentato del 26% (+2,9 miliardi). I metalli di base e i prodotti in metallo, a loro volta, sono cresciuti del 30,6% (+5,8 miliardi), mentre gli articoli in gomma e in materie plastiche del 22,5% (+1,4 miliardi). Il resto dei nostri settori tradizionali, a parte il tessile-abbigliamento-pelli calzature (che ha molto sofferto il calo dei consumi provocato dalla pandemia), ha anch’esso performato come o meglio dell’export tedesco. Infatti, le ceramiche sono cresciute del 14,3% (+589 milioni), mentre l’export di mobili è aumentato del 17,9% (+654 milioni).