di Franco Esposito

In pochi mesi due sequestri. Un milione di euro per illeciti fiscali. Luogo simbolo delle estati al mare di Matteo Salvini, il Papeete di Milano Marittima è finito  nell'occhio del ciclone della Guardia di Finanza. Nel frattempo, i dipendenti della struttura risultano licenziati e riassunti da "una scatola vuota". Il Mib service definito "un'associazione per delinquere finalizzata a una gigantesca elusione fiscale" dal gip di Ravenna, Corrado Schiaretti. 

L'indagine della Finanza coinvolge centoventi aziende in tutta Italia, Il Papeete era diventato d'estate il quartier generale di Matteo Salvini. Proprio da qui, lunedì scorso, il capo della Lega ha attaccato il ministro Lamorgese. E ancora qui, nel 2019, Salvini, non ancora in evidente caduta libera, annunciò di voler tornare al governo da premier. 

Al Papeete il leader della Lega è solito installare la sua attività politica, tra mojito, conferenze stampa, qualche tuffo in mare e giri di consolle. Ma il locale è tuttora al centro di un clamoroso rovescio economico, finito sotto la lente d'ingrandimento della Procura. Da un lato, la Mib service risparmiava sui contributi pensionistici dei lavoratori, ovviamente ignari persino di aver cambiato datore di lavoro. Parte degli stipendi venivano trasformati in "rimborsi spese". Sull'altro versante i clienti, colossi come il Papeete impegnati a liberarsi della zavorra della manodopera e del rischio d'impresa scaricavano il costo delle tasse mascherandolo da "contratto d'appalto". 

Un giochino che favoriva le aziende, da ricordare al successivo tormentone sugli stagionali che "non si trovano e i giovani impigriti dal Reddito di cittadinanza. Il Papeete, facile ricordarlo, si è presentato alla clientela e ai media come "il club trendy dove si tengono vivaci feste sulla spiaggia con dj italiani e musica e lettini prendisole". Uno specchietto per le allodole, sponsorizzato da Matteo Salvini in qualità di convinto propagandista. 

Dei centoventi imprenditori coinvolti nell'inchiesta, trentacinque sono di stanza sulla costiera romagnola, in provincia di Ravenna. Ovvero il luogo da cui è decollata la Mib Service. Un'ottantina di imprenditori, tra loro i titiolari di locali importanti romani e milanesi, sono stati segnalati alla Procure di mezza Italia. Il nome di riferimento più noto tra gli indagati è quello delle aziende della famiglia Casanova, storici impresari di Cervia. 

Fedelissimo salviniano eletto europarlamentare con la Lega, Massimo Casanova è una presenza abituale e irrinunciabile sul palco del Papeete quando  compare Matteo Salvini. La società  che gestisce lo stabilimento balneare, la Papeete Beach srl, ha avuto come consigliere proprio Massimo Casanova, fino al 2018. Legale rappresentante delle due aziende coinvolte nell'inchiesta e nei sequestri è la sorella di Casanova, Rossella, l'unica indagata. 

Guidata dal colonnello Andrea Mercatili, la Guardia di Finanza contesta alla Casanova 384.676 euro. Il totale di tre anni ( 2017 e 2019) di evasione con la Papeete sr. E 147.142 per la Villapapeete srl, la discoteca, per il biennio 2018-2020. Tra gli indagati figura anche Mascia Ferri, ex Grande Fratello. Sparita l'effimera gloria derivante dalla prima edizione del reality televisivo, aveva aperto una serie di locali con il marito Cristiano Ricciardella. Il Tribunale di Ravenna ha disposto nei loro confronti sequestri per 61.777 euro e 63.517 euro. 

La lunga ampia lista degli indagati comprende anche nomi di persone vicine a personaggi importanti della costa romagnola. Alessandro Marcatali,  figlio dell'ex sindaco di Ravenna ed ex senatore Ds e Pd, Vidmer Mercatali. 

Punto di partenza dell'operato della Guardia di Finanza il 2015. L'anno in cui i finanzieri dedicano la loro attenzione agli affari ambigui della Mib Service. Secondo i suoi stessi fondatori, Michele Mattioli e Christian Leonelli, "una start up che arriva a fatturare dieci milioni di euro l'anno e a gestire ventimila persone". 

I pm ritengono l'impresa soltanto "una cosmetica d'immagine". La parte esterna è mascherata come una società di risorse umane. Il giudice  è dell'idea che si tratti  "una società nata per intestarsi i dipendenti, una scatola vuota sorretta dal proprio scarso personale amministrativo, ma rappresentata in modo altisonante". In poche ma corrette parole, una "cartiera" che emette fatture senza fornire veri servizi, se non un lauto e illecito sconto fiscale. Un colossale imbroglio. 

I pm hanno smascherato tutto. La conferma è arrivata anche da decine di dipendenti, che hanno confessato. Alcuni nemmeno sapevano da chi dipendevano; altri hanno firmato il proprio licenziamento collettivo addirittura "presso la sede della Cgil di Ravenna". Giri incredibili, puntualmente all'insegna dell'illegalità. 

I fondatori della Mib si ritengono innocenti. "Accusiamo le lobby del settore". Bersaglio ambiguo, volatile, non identificabile con assoluta certezza. Implacabile il gip Corrado Schiaretti, che sottolinea un altro aspetto decisamente significativo. "Hanno creato un'altra società, la Lema Group srl, nella quale far confluire le attività della Mib". Molto chiaro lo scopo, denunciato con chiarezza dal giudice. La Mib aveva un solo interesse: acquisire l'autorizzazione all'intermediazione di manodopera". 

Mentre il numero uno della Lega, Matteo Salvini in versione balneare, se la spassava tra mojito, balli sulla spiaggia, chiacchiere politiche, improbabili progetti di diventare padrone del Governo e dell'Italia, e discorsi ridondanti. Attorno a lui, il grande marcio del Papeete.