di Mauro Suttora

Ci rendiamo conto che mai, nella storia d'Italia, abbiamo avuto un leader di così grande prestigio mondiale?

Da due settimane Mario Draghi, dopo il disastro Afghanistan, si è attivato per organizzare a Roma un vertice dei G20, i Paesi che rappresentano l′80% del pil mondiale e il 60% degli abitanti. Sembra logico che giganti come Cina, Russia, India, Brasile, Sudafrica o Arabia Saudita vengano coinvolti per trovare una strategia comune verso talebani e Isis.

Draghi non si è montato la testa: spetta a lui 'convocare' il mondo intero, perché quest'anno la presidenza a rotazione dei G20 tocca all'Italia; e perché comunque il vertice dei capi di stato è già previsto per il 30 ottobre. Si tratta soltanto di anticiparlo di un mese, a settembre. Ma egualmente il turbinio di telefonate e incontri in cui si è lanciato il nostro premier risulterebbe velleitario, se egli non godesse di un prestigio planetario pressoché unanime. Forse l'unico che gli serba rancore è il turco Erdogan, da lui definito "dittatore".

Il suo principale estimatore è Biden: quando gli hanno chiesto cosa gli avrebbe detto durante il loro primo incontro, ha risposto: "A Draghi non si parla, a Draghi si chiede consiglio e lo si ascolta". Il presidente Usa conosce bene superMario, perché i suoi otto anni da vice di Obama hanno coinciso con quelli di Draghi al vertice della Banca centrale europea. Anche Boris Johnson si è lanciato nell'usuale complimento durante il G7 di Giugno in Cornovaglia: "A Draghi è bastata una frase per salvare l'euro".

Insomma, Draghi ha le carte in regola per dare le carte a tutti i potenti della Terra. Ci riuscirà?

Le prime difficoltà sono emerse durante l'incontro a Roma con il ministro degli esteri russo Lavrov, che gli ha chiesto di allargare il G20 a Iran e Pakistan, vicini dell'Afghanistan. Idea sensata, ma anche un trappolone: come ottenere il sì dei sauditi, nemici giurati degli iraniani, e degli indiani, che detestano i pakistani?

Draghi ha subito telefonato al premier indiano Modi. La soluzione potrebbe essere includere Teheran e Islamabad nel vertice G20 come 'invitati': lo status di cui gode in permanenza la Spagna. Ma questi sono dettagli tecnici. Così come la presenza fisica a Roma di tutti i leader (chi volesse snobbare il vertice accamperà la scusa del virus per collegarsi solo in video) e l'accavallamento con l'abituale settimana settembrina a New York per l'Assemblea generale Onu.

Ecco, l'Onu. Spetterebbe al Palazzo di vetro l'iniziativa per affrontare il nodo Afghanistan. Ma purtroppo è da vent'anni che risulta desaparecido: dai tempi del deplorevole discorso di Powell sulle inesistenti armi chimiche in Iraq.

Quindi, in uscita la Merkel e in bilico Macron prima del voto francese, per colmare il vuoto di potere non resta che Draghi. Usa e Regno Unito, umiliati a Kabul, riluttano a parlare troppo presto di talebani e Isis in un consesso dove risulterebbero minoritari e senza il diritto di veto di cui godono all'Onu. Ma li conforta il filoatlantismo d'acciaio di superMario. E comunque anche nel G20 vige la regola del consenso. Se ce la farà, insomma, e se dal suo vertice romano uscirà una soluzione convincente, Draghi verrà incoronato "Grande saggio" mondiale. A pensarci bene, era da secoli (azzardiamo: da Giulio Cesare? Da Marco Aurelio?) che un italiano non dominava la scena planetaria come lui. Altro che Cavour o Garibaldi. Mussolini era un illuso a Monaco nel 1938, così come Berlusconi a Pratica di Mare nel 2002.

Per questo ogni ipotesi sul suo futuro risulta inadeguata. Premier o capo dello Stato? Entrambi, approviamo subito una legge apposita. Segretario generale Onu? Peccato, il mediocre Guterres è stato appena rieletto per altri cinque anni. Poco male: superMario lì risulterebbe imbalsamato. Presidente della Commissione Ue al posto della Von der Leyen alla sua scadenza nel 2024? Solo se la carica venisse accorpata a quella di presidente del Consiglio Ue.

Capo di un'Europa veramente unita: questo meriterebbe Draghi.