di Mimmo Carratelli

Era inizio dicembre, una magnifica giornata di sole, e il magico impianto di Fuorigrotta, dall'ovale perfetto disegnato dall'architetto Carlo Cocchia, si chiamava proprio Stadio del Sole prima che il vescovo di Pozzuoli imponesse di intitolarlo all'apostolo di Tarso che giunse in Italia sbarcando sul litorale flegreo. Ed era il 6 dicembre 1959. Bruno Pesaola, il grande petisso, si lamentò con Lauro: "Proprio contro la Juventus di Boniperti, Charles e Sivori dobbiamo inaugurare il nuovo stadio ?". 

Lo squadrone bianconero minacciava di rendere amara la prima partita del Napoli a Fuorigrotta. Pure, un anno prima, la squadra azzurra aveva annientato la stessa Juventus al Vomero nell'indimenticabile 4-3 del 20 aprile 1958.  Lo Stadio del Sole era venuto su in sette anni. I lavori iniziarono nell'aprile del 1952. La prima pietra fu posta alla presenza del sindaco Domenico Moscati e di Alcide De Gasperi. "Voglio un grande stadio per un grande Napoli" disse poi Lauro, sindaco e presidente della società azzurra, quando fu presentato il plastico dell'impianto a lui e al ministro Mario Scelba. 

Tra le varie fonti di finanziamento del nuovo stadio, il Consiglio dei ministri aveva concesso un miliardo di lire tra le proteste dei club del Nord. Dunque, Napoli-Juventus per inaugurare lo Stadio del Sole alla decima giornata del campionato 1959-60. Negli anni Trenta, era successo che anche lo stadio voluto da Giorgio Ascarelli fosse inaugurato ufficialmente in occasione della partita contro la Juventus.  Non era andata male, quella volta. La Juventus di Combi, Cesarini e Orsi chiuse il primo tempo in vantaggio 2-0. Nell'intervallo, Willy Garbutt aggredì gli azzurri. "Vergognatevi" urlò. 

Tornò in campo un Napoli deciso a cancellare la sconfitta. Era il Napoli di Cavanna, Sallustro, Vojak, Innocenti, Mihalic. Gli azzurri rimontarono con due gol di Carlo Buscaglia, un pilastro di quel Napoli, "motorino" per il suo impegno inesausto. 
Una volta aveva sostituito in porta Cavanna che s'era infortunato e un'altra volta, contro il Bologna, perse la scarpa correndo e andò a segnare a piede nudo. 

Settantamila persone affollarono lo Stadio del Sole per la partita inaugurale e l'incasso fu di 68 milioni, un record di quei tempi. Amadei, che aveva sostituito Frossi, esonerato dopo quattro giornate (quattro sconfitte), schierò: Bugatti; Comaschi, Mistone; Beltrandi, Greco, Posio; Vitali, Di Giacomo, Vinicio, Del Vecchio, Pesaola. La Juve scese in campo con Vavassori; Castano, Sarti; Emoli, Cervato, Colombo; Boniperti, Nicolè, Charles, Sivori, Stacchini. 

I giocatori con le sgargianti casacche bianconere corsero per il campo. Non gli faceva paura il grande stadio, forse ne era intimidito il Napoli abituato al Vomero, il tinello di casa azzurra, trentamila spettatori al massimo della capienza più gli spettatori affacciati ai balconi delle case circostanti che vedevano una metà del campo. Il Napoli fu sorprendente e sorprese la Juventus. Dopo sei minuti di gioco, Pesaola pennellò un calcio di punizione. Al centro dell'area juventina, Cervato e Vinicio saltarono senza prendere il pallone. Alle loro spalle, sbucò Giancarlo Vitali che insaccò di testa. 

Vitali, emiliano, era arrivato al Napoli nel 1952, ala destra veloce nel tridente con Jeppson e Pesaola. E proprio Vitali aveva segnato l'ultimo gol al Vomero contro il Vicenza nell'ultima partita in collina. Bugatti, il nostro gatto magico, fermò l'assalto della Juventus. Ma anche il Napoli, galvanizzato, impegnò ripetutamente Vavassori. Partita in grande equilibrio e duello rusticano fra Vinicio e lo stopper Cervato. Il leone azzurro, al 20', ebbe la peggio in uno scontro con lo juventino. Ma Vinicio era un autentico leone e continuò la gara infortunato. 

Dopo venti minuti della ripresa, la zampata del leone abbatté la Juve. Il brasiliano Del Vecchio, scontroso rivale di Luis, batté un calcio di punizione. Il leone ferito ruggì al centro dell'area bianconera. Fu un gol spettacolare che Vinicio realizzò con una sforbiciata. La Juventus segnò su rigore (Cervato) a un minuto dalla fine per il fallo del generosissimo Pesaola che aveva rincorso Stacchini sin nell'area azzurra. Fu una vittoria squillante sulla Juve che avrebbe vinto il campionato. Ma per il Napoli quel torneo fu un tormento, conquistando la salvezza per appena due punti. 

Il sole si oscurò sullo Stadio del Sole. Dopo la vittoriona sulla Juve, il Napoli inanellò una serie di partite negative nel nuovo stadio, tre sconfitte (con Bari, Padova, Fiorentina) e due pareggi (con Inter e Milan) prima di tornare a vincere (2-1 al Palermo). Cominciò un'altra storia nello stadio che, nel 1963, si chiamò San Paolo. Per quindici anni, il Napoli aveva giocato al Vomero. Tutti i giocatori abitavano in collina, passeggiavano per via Scarlatti, li incontravi al bar Daniele, facevano il ritiro pre-partita all'Hotel Sant'Elmo, pranzavano nel ristorante panoramico "Renzo e Lucia" che s'affacciava sull'intera città. 

Rivedo, nelle immagini romantiche di quegli anni, la "fungaia di ombrelli" del Vomero nelle domeniche di pioggia. Al Vomero avevamo visto gli assi stranieri del dopoguerra, l'inimitabile olandese Wilkes (il tulipano volante) dell'Inter (e Skoglund e Nyers), il trio svedese del Milan (Gren, Nordahl, Liedholm), gli juventini Hansen e Praest, l'ineguagliabile Julinho nella Fiorentina con i baffetti alla Clarke Gable, e poi Piola che a quasi quarant'anni giocava nel Novara, e il Grande Torino. 

E al Vomero vedemmo per la prima volta Pesaola che giocava nella Roma, ci fece due gol e la squadra giallorossa vinse 2-1. Era il 1947. Stavolta, Napoli-Juventus si giocherà nel San Paolo diventato Diego Armando Maradona per i sette anni di felicità, scudetti e tormenti con Diego. La stella filante del pibe nella porta di Tacconi è il ricordo incancellabile di un'avventura che scalda ancora i cuori azzurri.

Oggi Allegri rischia di finire fuori pista...
Il Napoli guadagna Osimhen (squalifica dimezzata), la Juventus perde 200 milioni. È cambiato il mondo. Nell'ex madre di tutte le partite all'ombra del Vesuvio, questa Napoli-Juventus si ingarbuglia per indisponibilità e viaggi aerei. Formazioni d'emergenza per i giocatori sudamericani che arrivano all'ultimo momento (Ospina) o non arrivano proprio (Cuadrado, Bentancur, Dybala, Danilo, Alex Sandro) e giocatori fuori gara per malanni (Demme, Lobotka, Zielinski, Chiesa). Difficoltà pari sui due fronti. E non c'è più Ronaldo. 

Napoli-Juventus è un risiko. La Juve, attardata in classifica (un punto), rischia di uscire fuori pista. Il Napoli (sei punti) se perde non è la fine del mondo né del campionato. La Juve, rattoppata e non ancora rilanciata da Allegri, è all'esame di riparazione. Sei anni fa (2015-16), la seconda Juve di Allegri cominciò allo stesso modo. Fino alla partita di Napoli, che perse, aveva raggranellato 5 punti in cinque partite (una vittoria e due pareggi). In tutto il girone d'andata fece 39 punti. 
Ne conquistò 52 nel ritorno vincendo lo scudetto, nove punti avanti al Napoli. Ma quella era la Juve con Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Pogba e arrivarono Dybala, Khedira, Mandzukic, Alex Sandro. Ed era abituata vincere dopo i tre scudetti di Conte. 
Questa Juve, disorientata da Sarri e Pirlo, sembra avere smarrito la ferocia agonistica degli scudetti a ripetizione. Allegri non l'ha ancora in pugno, si confida con Chiellini per capirla. Non ha fosforo, non ha ancora riguadagnato Dybala, procede a strappi, prende gol. Ma, attenzione, pur con le assenze e zero vittorie in due partite, questa Juve dissestata può rivelarsi improvvisamente letale.  Ha le individualità (che Kean in nazionale!) per lasciare il suo marchio sul match giocando senza incantare. E il Napoli deve rappezzare il centrocampo anticipando il debutto di Anguissa, pubblicizzato come la nuova stella africana in maglia azzurra. 

Le formazioni di emergenza e tutte le incognite dopo una sosta non consentono previsioni attendibili. Pare che Allegri, per dare solidità alla formazione, ripieghi su un concreto 4-4-2. Avrà De Ligt e Chiellini per frenare Osimhen, avrà Kulusevski e Morata per colpire. Ha gli uomini per far gol (non molti), baderà ad alzare un bel muro bianconero di fronte a un Napoli che dovesse rivelarsi sbarazzino. Sulle fasce non potrà volare per le assenze di Cuadrado e Alex Sandro. È il maggior vantaggio per il Napoli che ha una bella occasione per arricchire l'alto livello di classifica. 

Fino al match in trasferta contro la Roma di Mourinho (nona giornata), la squadra di Spalletti ha una serie di avversari abbordabili (Udinese, Sampdoria, Cagliari, Fiorentina, Torino), mentre le famose altre sei sorelle destinate all'alta classifica si scontreranno tra loro (Milan-Lazio, Juve-Milan, Inter-Atalanta, Lazio-Roma, Atalanta-Milan, Juve-Roma, Lazio-Inter). Il Napoli dovrà approfittarne per mettere molti punti in cascina perché poi gli toccheranno le sfide più solenni. 

Napoli-Juventus con nuovi fremiti, lontanissimi però i tempi di Diego e Platini, lontani i tempi di Higuain da una parte e dall'altra. Disturba la tradizione contraria di Spalletti con la Vecchia Signora: una sola vittoria in 25 sfide guidando Empoli, Sampdoria, Venezia, Udinese, Roma, Inter. Max Allegri si ripresenta nella leggenda dell'eroe juventino: ha rifiutato il Real Madrid per allenare la Juve, eroe e martire a otto milioni l'anno. In passato stava per allenare il Napoli, ma pare che le telefonate di De Laurentiis fossero meno affettuose di quelle di Ambra e se ne fece nulla. Corrono brividi postumi.