DI SILVANA MANGIONE

La notizia che nessun aereo si è levato in volo per una settimana dopo gli attentati alle Torri gemelle è del tutto falsa. Almeno un velivolo si è alzato per compiere una missione di importanza cruciale a salvare l’assetto territoriale di Manhattan, già così duramente colpito. L’enorme quantità di energia elettrica – necessaria ad alimentare gli ascensori, le luci e la climatizzazione del World Trade Center – era fornita da cavi ad alta tensione provenienti da Brooklyn, immersi in un olio molto tossico per il raffreddamento del rame e posti all’interno di un tubo sottomarino. Dopo l’attentato, i cavi dovevano essere disattivati con urgenza al punto d’arrivo. Bisognava sventare il pericolo che le macchine dei soccorritori squarciassero il tubo protettivo, facendo scattare scintille e penetrare l’acqua della baia. Come sappiamo, l’acqua salata o comunque impura è un’ottima conduttrice di elettricità e l’eventuale rottura accidentale del tubo avrebbe fulminato i soccorritori e provocato esplosioni di cui non si poteva prevedere l’entità. La punta Sud di Manhattan, dove si ergevano i grattacieli distrutti, è formata in massima parte da terreno di riporto, utilizzato dai colonizzatori olandesi per costruire il primo insediamento newyorchese chiamato, appunto, New Amsterdam. L’esplosione avrebbe fatto penetrare l’acqua anche nelle fondamenta cave del World Trade Center e il peso delle macerie galleggianti avrebbe trascinato con sé nella baia tutto quanto era stato edificato davanti e intorno alle Torri. Il 12 settembre le maestranze della Con Edison, la Società Elettrica di New York, scesero nel sottosuolo per verificare la situazione e compresero che non era possibile procedere con tecniche normali al taglio del tubo. Negli Stati Uniti allora esisteva un solo congegno in grado di compiere quest’operazione in sicurezza sulla terraferma. Si trovava a San Francisco, città situata a tre fusi orari da New York. Detto fatto, il 12 settembre un aereo dell’Air Force USA ebbe l’ordine di partire da una base militare per andare a caricare e portare a New York lo strumento della salvezza. Le leggende urbane suggerirono che si trattasse addirittura di Air Force One, il che probabilmente non è vero considerando la configurazione interna dell’aereo del Presidente degli Stati Uniti. Questa storia è stata narrata, soltanto nel 2011, da un operatore della Con Edison. Sono convinta che sia giusto raccontarla, ma non c’era il tempo sufficiente per farlo, con tutti i particolari, durante la Commemorazione voluta e organizzata dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Ringrazio quindi il Direttore Porpiglia e Gente d’Italia per la cortese pubblicazione.

Silvana Mangione (New York)

V. Segretario Generale del CGIE