di Mimmo Carratelli
Eravamo al Bentegodi col Napoli di Gattuso la sera di martedì 23 giugno 2020 e là, poco dopo le venti e trenta, nel secondo tempo, si accesero le cinque lampadine delle nuove macro-sostituzioni, e Ghoulam entrò per Hysaj, Fabian Ruiz per Allan, Lobotka per Demme, Lozano per Politano e Mertens per Milik. Fu la prima volta per il Napoli. Tre giorni prima era accaduto in Atalanta-Sassuolo, Verona-Cagliari, Inter-Sampdoria e Torino-Parma. 
Nell'anno primo della pandemia, con le squadre aggredite dal Covid, la maestà dell'International Association Football Board dribblò l'attacco del virus consentendo di giocare le partite con due squadre cambiando cinque giocatori e lo si potrà fare fino a dicembre 2022. 
È cominciato un altro calcio. Con le tre sostituzioni, gli allenatori provvedevano a cambiare i giocatori più stanchi o tatticamente esauriti, come era capitato con Reja e Mazzarri, un turn-over variamente commentato, osteggiato da Sarri che giocava sempre con gli undici titolarissimi, e variamente interpretato con le disponibilità in panchina, non tutti avevano un rincalzo che spaccava le partite. 
Con cinque cambi, si esalta il calcio enciclopedico di Adani e quello statistico-movimentista di Adriano Bacconi mettendo a soqquadro la tribù del calcio di Desmond Morris. 
Siamo alla periodizzazione tattica illustrata da eminenti accademici del pallone. Il vecchio turn-over è morto, il turn-over sempliciotto e fisico, viva il turno-over dei cinque cambi. Rafa Benitez, dormendo, si faceva dettare la formazione del Napoli dal cuscino. Oggi non basterebbe il materasso. 
Siamo al cyber-calcio. Con i tre slot, gli allenatori preparano due partite e non sai più di quale delle due fidarti, quale delle due è la migliore, quale delle due ti farà vincere, se la prima formazione è un trucco, un falso, un bluff e la seconda è quella che vale e che ti cambia la vita e la partita. 
Noi vecchi scolari del petisso e di paròn Rocco, romanticamente fermi al vinca il migliore, sperèm de no, col calcio dei cinque cambi abbiamo le traveggole. 
Sicuramente, oltre che il Covid, è il progresso. L'impressione è che l'ennesimo progresso favorisca i ricchi, come sempre, i club che possono mettere insieme venti titolari, come fa il Paris Saint Germain. 
L'altra impressione è che le cinque sostituzioni pretendono una preparazione spaziale degli allenatori, che una volta erano semplicemente amabili stregoni e oggi straordinari match analyst che levano e mettono con consumata sapienza, a metà fra un ginecologo e un cardio-chirurgo, e alla fine ci vorrà sempre quella botta de cul, come diceva Sacchi.