Anche la cucina del Molise è molto ricca, come, del resto, ogni regione del nostro paese. Mio nonno materno Benedetto Caroselli, il Nonno Bedetto per noi nipoti, era nato a Isernia e anche se l’ho perso quando ero un bambino a 9 anni, ricordo che, ogni tanto a casa nostra, quella di Ancona, dove siamo nati mia sorella ed io, si mangiavano deliziosi piatti molisani. La Nonna Marcella, sua moglie, era una specialista in cucina e non potró mai dimenticare un piatto delizioso che ci faceva degustare quando eravamo in vacanza: la Panonta.

Il Molise si distingue per i cereali, i legumi, le carni genuine e le verdure spontanee: questa regione basa il suo arte culinario nella dieta mediterranea, tutto entroterra e un respiro di mare. La cucina molisana possiamo definirla come agricola e pastorale, contando con prodotti autoctoni e ricette che si intrecciano  con quelle delle regioni limitrofe, soprattutto l’Abruzzo, anche perché, per decenni, la Regione si chiamava Abruzzo e Molise.

Nel Molise troviamo molti affettati e formaggi in combinazioni quasi improponibili. che sembrano ubbidienti alla forza di gravità quasi per miracolo.  La pagnotta farcita molisana o Panonta è un vero e proprio capolavoro architettonico e calorico. La Panonta è una specialità dei paesi di nome Miranda e Roccasciura e viene preparata in occasione della festa di Santa Lucia. La leggenda racconta che la santa si rifugiò nei pressi di una grotta per sfuggire ai suoi persecutori. Questa grotta é diventata un pellegrinaggio estivo e accampamento per i picnic. 

Con la Panonta si puó fare un pranzo al sacco o un antipasto. Questo ricordo di Nonno Bedetto che faceva Nonna Marcella, non assomiglia a un panino anche se lo sembra in apparenza. 

É indispensabile prepararla il giorno prima, in modo che la pagnotta, totalmente casereccia, assorba al meglio i condimenti. Gli strati della Panonta sono di salsiccia di maiale, pancetta e peperoni rossi. Il tutto debe essere soffritto, assieme all’immancabile frittata che con il suo peso merita il primo piano di questa deliziosa ricetta molisana. In Molise si dice sempre: “paese che vai, panonta che trovi”, e se giriamo per la regione non mancano varianti con formaggi e altri insaccati, come possiamo trovare nelle località di Abatina, Ventricina di Montenero di Bisaccia e Signora di Conca Casale.

 

LO SCATTONE

Si tratta di un curioso “aperitivo” della regione ma dobbiamo fare un passo indietro, partendo dalle Sagne, una pasta a formato rettangolare, che troviamo anche nella cucina abruzzese. Come tanti altri piatti molisani le sagne sono condivise fra le due regioni, spesso con accompagnamento di fasciuol (fagioli, cicerchie, ceci) e un pezzettino di  rucculare, un guanciale con lardo o salsiccia per insaporire. Per fare le sagne esiste una particolare forma di cottura. La cosiddetta vroda é acqua bollente salata mischiata con vino rosso e peperoncino. Veniva riciclata in passato come antipasto per stimolare la fame e contro il freddo invernale. Come in molte regioni italiane si tratta di un passato contadino fatto di fatica e lavoro all’aperto, quando non esistevano le attuali bibite energetiche. Era cosí che un contadino molisano si ricaricava in campagna ed é cosí che nasce lo scattone, un piatto caldo ideale per chi é affaticato anche se difficile da digerire facilmente. Oggi lo scattone è soltanto folk e da antipasto si è trasformato in un aperitivo che si beve,  da proporre, con un po’ di malignità per il suo gusto fortissimo, ai gagliardi e ignari turisti.

I SCIUSCI

Non stiamo parlando della versione molisana del pesce crudo giapponese! I sciusci sono anche detti soffi di Venafro e sono consumati nell’Alto Volturno. Sono ciambelline di pasta fritta che si mangiano a Capodanno. Gli ingredienti sono pochi: farina, rosmarino, acqua, sale, lievito più olio per friggere.  I sciusci hanno dei segreti del mestiere. Il primo é l‘acqua infusa di rosmarino. Non si devono incorporare soltanto i due ingredienti nell’impasto, ma bisogna far bollire, a fuoco lento, l’erba aromatica e attendere che il liquido si riduca di un terzo e diventi verde. Il secondo segreto é la lavorazione dell’impasto che dà il nome al piatto. Si sbatte fortemente e deve formare delle bolle d’aria che scoppiano in piccoli soffi. Secoli fa questa operazione era riservata alle donne che, dopo la lievitazione nelle denominate ceselle (contenitori in legno), “schianavano” (spianavano) la pasta durante la notte fra il 30 e 31 dicembre. Poi, il giorno di San Silvestro, i sciusci venivano fritti in massa e distribuiti in tutti i paeselli, mentre si cantava, si ballava e molti paesani risultavano con grandi sbornie festeggiando il nuovo anno. 

LA PIZZA DI MAIS

Il Molise è terra agricola e lo dimostra la forte triade cerealicola formata da frumento, farro e maisIl mais esiste nella varietà autoctona Agostinello, il grandinje a ott file (grano d’India a otto file) o granone. Con queste formule si fa il pane, i dolci, le polente e  le famose pizze molisane. La base é la farina di mais, olio extravergine e sale per formare un disco dorato che viene cotto, come si dice da queste parti  “sotto la coppa”, ossia nel camino delle case, sotto un coperchio di ferro ricoperto da braci. 

La pizza si puó gustare cosí com’é o con impasto di ciccioli, peperoncino e semi di finocchio; una volta farcita diventa la pizza onta con infinite varianti, dal baccalà fritto ai filetti di acciughe, salsiccia arrostita, cimaroli (peperoni) fritti, sugo di pomodoro. Una variante elaborata si chiama la frùffela de bujane pizza e menestra, mpaniccia e la mpanatella, elaborata con legumi e verdure. Il tutto a fuoco lento con scarola, verza, fagioli rossi e carne di maiale che viene amalgamato alla pizza poi sbriciolata e servita come unico piatto caldo. Se parliamo di pani azzimi, fondamentale citare la pizza scema di San Martino e la parola scema viene per l’assenza di lievitazione, di San Martino perché in passato era preparata l’11 novembre, il giorno del santo. Si divideva in spicchi e in ogni fetta, veniva nascosto un seme (di ciliegia, fava, orzo, avena o zucca a cui era associato un significato preciso. Chi lo trovava, in qualche caso, doveva pagare una penitenza. 

LE SCESCILLE

Le scescille sono in realtá polpette che si elaborano a Termoli e son tipiche della zona costiera che si affaccia sull’Adriatico. Hanno sorelle abruzzesie e gli ingredienti sono quasi gli stessi: uova, pane raffermo, formaggio, salsa di pomodoro, in poche parole un classico del recupero contadino. Le principali differenze le troviamo nella cottura, perché, a dir la veritá, le scescille non sono fritte ma rosolate direttamente nella salsa. Queste palline compatte di forma allungata e ovale arricchiscono un altro piatto “povero” tipico di Termoli, chiamato u’bredette o brodetto di pesce del pescatore, che assomiglia anche al conosciuto brodetto marchigiano. C’é qui peró un abbinamento quasi da bestemmiare per un italiano DOC e spesso, i puristi, storcono il naso di fronte al pesce con il parmigiano.   

I CAVATELLI

Dal Molise arrivano i cavatelli o cuzzetielle, un antico formato di pasta incavata con origini che risalgono ai tempi di Federico II. L’incavatura, ottenuta con un movimento coordinato di indice e medio, è il segreto dei Cavatelli. Assorbiscono benissimo i condimenti e quindi si va, dal semplice ragù di lepre o cinghiale alla versione vegetariana con spigatelli, i broccoletti o cardoncelli selvatici saltati in olio e peperoncino. Da non perdersi i cavatelli al sugo “vedovo” di Montenero, detti cosí per l’assenza di carne, ma con lardo e soffritto con aglio, prezzemolo e pomodori. 

I FRASCATELLI

C’é un formato di pasta molisana molto interessante. I frascatielli  tipici di Jelsi e Montorio dei Frentani. Si tratta di grumi sferici di semola che si ottengono dalla farina sulla spianatoia, Si spruzzano goccie d’acqua fredda, bagnandosi le mani o servendosi del mazziglio, non altro che una piccola scopa di saggina da usare come un aspersorio. Si formano piccoli grumi che vengono dopo passati a setaccio, pronti per diventare primo di pastina adatto per tutti.  Secoli fa i Frascatelli venivano sbriciolati nel calderone di rame, la cuttora appeso nel camino e lasciati sobbollire, da cui il detto “Pare ru chellare d’ì frascatielle”  prendendo il nome dai brontoloni che “borbottano”. I frascatielli si servono cotti direttamente nel brodo di gallina o pecora come minestra, oppure scolati e conditi al sugo. Una ricetta tipica di Campobasso sono le frascatielle larde e petresinere, con lardo, cipolla e prezzemolo: in questa variante sono fritt mentre a Montorio dei Frentani sono immersi in brodo di carne o asciutti con sugo al pomodoro. 

AGNELLO PECORA E CASTRATO

Per quanto riguarda i secondi piatti il Molise si trova molto vicino alla Basilicata ed il vicinoAbruzzo. Il maiale è ovviamente il protagonista dei salumi e insaccati ma i veri campioni della carne sono gli ovini e qui appare l’agnello, pecora, castrato. C’é poi la pezzata piatto tipic di una localitá che se l’é presa sul serio per quanto riguarda gli ovini e si chiama Capracotta: si tratta di pecora cotta a lungo nel u’ cutrlloccia un calderone di rame stagnato insieme a patate e pomodori. Da non dimenticare la ciavarra, stufato di pecora giovane, e i nodera de’ trippette agnonesi che sono le interiora, annodate al pomodoro. 

In tema di trippe da non mancare all’appuntamento delle  mazzarelle di capretto con patate cotte alla brace e gli gnumarieddi che, anche se sono originari della Puglia, anche in Molise sono prelibati. Alla fine c’é u’ zeppettone di Trivento, trippe e fegatini cotti in un tegame.  

Altri piatti sono: la pampanella, il baccalá ammulecate, la zuppa alla Santé, la Pia, lo sciatún, il Calzone di San Giuseppe e per quanto riguarda i dolci, il più caratteristico é la pigna pasquale pane dolce a base di patate lesse aromatizzate con limone e semi di anice. 

Per me che ho anche sangue molisana da parte del mio carissimo nonno materno, è stato un piacere presentarvi questi prelibati e semplicissimi piatti. Quindi anche il Molise ha molto da offrire per quanto riguarda la gastronomia regionale.

STEFANO CASINI