di Matteo Forciniti

Sono tantissime le storie che si nascondono nel contesto dell’architettura italiana in Uruguay. Tra queste un capitolo speciale meritano i mestieri friulani, una mano d’opera considerata “anonima” eppure ugualmente importante che merita di essere ricordata.

A cercare di dare luce a queste storie ci ha provato una videoconferenza organizzata sabato da Efasce, l’Ente Friulano dell’Uruguay, con il terzo appuntamento svoltosi nell’ambito di un progetto culturale organizzato insieme agli altri Efasce di Argentina e Brasile che ha già visto i primi due incontri.

Nella sua esposizione Gisella Mion è partita da una doverosa premessa: “È stato abbastanza difficile trovare informazioni riguardo la presenza friulana nell’architettura del nostro paese che si inserisce all’interno di un contesto molto più ampio che riguarda l’architettura italiana. A differenza di Argentina e Brasile qui il fenomeno migratorio della nostra regione è stato molto inferiore nei numeri, anche all’interno dei diversi gruppi italiani”. Quando si parla di architettura in Uruguay i riferimenti portano spesso all’Italia: “La maggior parte dei grandi architetti che contribuirono allo sviluppo del paese a inizio novecento provenivano per la maggior parte dalla Lombardia e dal Piemonte. Questa presenza friulana che è stata custodita all’interno delle famiglie la possiamo ritrovare anche in tanti settori affini alla costruzione con una mano d’opera specializzata come il lavoro del ferro, del legno, del vetro e della ceramica”.

I numeri che si riferiscono al settore dell’edilizia e dei settori affini nella Montevideo del 1908 aiutano bene a capire questo contesto: i lavoratori italiani del legno erano poco più della metà rispetto a quelli nazionali, scenario simile a quello della costruzione, della metallurgia, della ceramica e del vetro. Numeri ancora più alti nel caso del lavoro della pietra dove gli italiani erano in grande maggioranza.

Gli esempi friulani all’interno di questa fiorente italianità sono tanti a partire da Antonio Del Pup, nato nel 1887 a Cordenons (Pordenone). Del Pup -nonno del noto artista Claudio che ha portato in un video la sua testimonianza- si stabilì a Trinidad (Flores) lavorando in un’azienda che rimuoveva i vecchi sampietrini dalle strade per pavimentare. Successivamente, insieme al fratello e al figlio Giuseppe, aprirono un’azienda per la realizzazione di fregi e soprattutto per costruzioni da fattoria.

Altro esempio significativo è quello di Giovanni Colodell Zanella di Azzamo Decimo (Pordenone) ed emigrato in Uruguay negli anni cinquanta. Lavorò nella costruzione dell’Ospedale di Durazno, del Brou (Banca della Repubblica Orientale dell’Uruguay) a Tacuarembó e nella diga Palmar a Rio Negro. Partecipò anche ai lavori del viadotto Paso Molino a Montevideo tra gli anni sessanta e settata.

Un’altra figura di spicco è stata quella di Tranquillo Donadel premiato nel 2007 insieme a Walter Nazzutti per la fedeltà al lavoro friulano. Donadel fu muratore e mosaicista e successivamente creò la sua impresa Donadel Costruzioni.

La tradizione dell’edilizia friulana la possiamo ritrovare anche nella stessa storia familiare della relatrice Gisella Mion, i cui antenati si stabilirono nel dipartimento di Canelones provenienti dalla provincia di Udine: da un lato le famiglie Pordenone - Cossaro di Talmassons, dall’alto lato le famiglie Mion - Del Pin di Corgnolo.

L’impronta friulana in Uruguay è presente anche nell’industria del legno e nell’artigianato: c’è innanzitutto il falegname di Udine Julio Augurio Fiori che realizzò nel 1934 le porte della chiesa San Pedro Apóstol a Montevideo, poi gli imprenditore forestali Sante Antonio Santini Sandrino Sergio Santin Viel. Una tradizione, quest’ultima, portata avanti dal figlio Alessandro Santini Daneluz che nel 1991 assunse la direzione dello stabilimento industriale Santini Hnos.

A San José invece erano famosi i mosaici realizzati da Edi Arrigo Ligugnana di Chions (Pordenone) che lavorava insieme al suocero nell’elaborazione di pavimenti monolitici.

Tra le opere più significative del paese, il Palacio Legislativo non poteva mancare nei collegamenti tra l’Uruguay e questa regione settentrionale: Enrico Arman, di Casarsa della Delizia (Pordenone) e attivo nell’industria mineraria, collaborò ai lavori per la realizzazione del Parlamento grazie alla sua cava di Minas (Lavalleja).