di SANDRA ECHENIQUE
Una crescita inarrestabile. Parliamo di pasta, quella italiana, che negli Stati Uniti sta riscuotendo un successo sempre maggiore. Lo affermano i dati dell'ultima ricerca firmata Monitor Deloitte (per Intesa Sanpaolo): si è passati infatti in appena un triennio, da 488 a 682 milioni di dollari, cifre che comprendono materia prima, prodotto finito e tecnologie. Se per queste ultime si è dovuto constatare un calo del 10%, il prodotto finito ha invece registrato un balzo del 24,4% più del doppio rispetto alla materia prima che si è assestata su un +10%.
Il mercato USA attualmente raggiunge un consumo di 3,7 miliardi di chili di pasta che la produzione interna non riesce più a soddisfare, così a fronte di un export da 710 milioni di dollari, l'import ha raggiunto quota 940 milioni. Solo nell'ultimo esercizio negli States si è registrato, per quello che concerne sempre la produzione, un calo del 3%. Così per appagare l'appetito degli americani, la loro voglia di pasta sempre crescente, ecco che si è dovuto far ricorso ai produttori esteri.
E l'Italia, non poteva essere altrimenti, si trova in pole, primo Paese estero con una fornitura di 446,2 milioni di chili, una quantità che rappresenta quasi il doppio del Canada, secondo partner commerciale con 232,9 milioni quindi Corea del Sud (107) e infine Cina (103). C'è da rimarcare la crescita esponenziale di consumo di pasta negli States che ha toccato il +15% rispetto al 2019 e che durante i momenti più acuti della pandemia, tra lockdown e impossibilità o quasi di poter uscire di casa, ha raggiunto addirittura il +40%.
E il 60% dei consumatori a stelle e strisce mangia pasta da una a quattro volte la settimana con il 79% che afferma di preparare anche ricette italiane vedendo nel piatto che identifica da sempre l'Italia "non solo il simbolo della dieta mediterranea, ma anche valori fortemente italici come ospitalità, felicità e condivisione". Un aumento che ha fatto diventare gli statunitensi il quarto Paese al mondo per consumo di pasta dietro a italiani (23 chilogrammi pro capite annui), tunisini (17), venezuelani (12). Se per età i più golosi di pasta si trovano nella fascia 45/65, cresce anche la voglia tra gli over 25. Nelle preferenze al comando, nettamente, ci sono sempre gli spaghetti che racchiudono una quota pari al 68% dei consumi, precedendo, nettamente, fettuccine e penne.
Ecco spiegato anche la possibilità ora di trovare in quasi tutti i supermercati diverse marche di pasta italiane, che una volta, nemmeno troppi anni fa, erano davvero difficili da incontrare. Ma su un dato non ci sono assolutamente dubbi: Barilla è la pasta regina dell'America. Infatti raggiunge il 32,4% come market-share anche per il fatto di immettere sul mercato ben 35 tipi differenti di pasta, grazie anche all'utilizzo di stabilimenti in loco negli States. Alle spalle di Barilla, produttori americani come Mueller's (12,8%), Ronzoni (9,4%) per arrivare poi al 6,3% di Buitoni USA. Ma in forte crescita c'è anche un altro celebre brand italiano Rana che ha superato i 300 milioni di fatturato.
Numeri enormi che possono diventare trainanti per l'economia italiana del settore, ma non solo. E se il 25 ottobre si è celebrato il World Pasta Day, questo mese negli Stati Uniti è stato dedicato al primo piatto degli italiani per eccellenza e per l'occasione proprio Barilla ha lanciato una iniziativa, denominata 'Home Away From Home Kitchen', alla University of Wisconsin-Madison, offrendo agli studenti un piatto di pasta surgelata gratuito per due giorni. Una maniera di conquistare anche gli under 25.