Di ANONIMO NAPOLETANO

Niente più padrini o madrine nei battesimi e nelle cresime. Lo ha deciso l'arcivescovo di Catania Salvatore Gristina. Il motivo è apparentemente di natura strettamente religiosa: l'istituto del padrino o della madrina negli ultimi anni ha perso il suo vero valore cristiano per assumere sempre più un utilizzo di tipo “sociale”. Ma non è chi non veda che la “scure” dell'arcivescovo sia indirizzata contro la deriva che queste figure hanno preso, volte come sono ad assicurare al bambino o al giovane la “protezione” di una famiglia altolocata, e qualche volta, diciamolo, anche in odore di mafia. 

La decisione, annunciata nel marzo scorso, dopo una serie di rinvii e deroghe è entrata in vigore a metà ottobre. Ma, ha spiegato l'arcivescovo, si tratta di un esperimento che dovrebbe durare tre anni. Non un divieto perenne ma solo una sospensione, dunque. E infatti il decreto del presule etneo è denominato “ad experimentum e ad triennum” e sarebbe stato preso al termine di un dibattito che ha coinvolto tutti i parroci della diocesi. 

Spiega monsignor Gristina: «Nell’odierno contesto socio-ecclesiale la presenza di padrini e madrine risulta spesso una sorta di adempimento formale o di consuetudine sociale in cui rimane ben poco visibile la dimensione della fede». E aggiunge: «La secolare tradizione della Chiesa vuole che padrino o madrina accompagnino il battezzando o il cresimando perché gli siano di aiuto nel cammino di fede. Ad esigere la presenza dei padrini non è la celebrazione in quanto tale, ma la crescita nella fede del battezzando o del cresimando, per cui essi dovranno essere credenti solidi, capaci e pronti a sostenere nel cammino della vita cristiana. Il loro compito è una vera funzione ecclesiale». 

E allora dove nasce il problema? Il fatto è che padrini e madrine, per poter partecipare al sacramento del battesimo o della cresima, devono avere una sorta di idoneità, data da caratteristiche molto precise. Per esempio, non possono essersi sposati civilmente, o anche soltanto convivere con un partner senza un regolare matrimonio in chiesa, tanto meno possono essere separati o divorziati. Tutte situazioni che padrini e madrine devono autocertificare per iscritto. Scrive espressamente l'arcivescovo di Catania per motivare il decreto: «La situazione familiare complessa e irregolare di tante persone proposte per assolvere questo compito rende la questione ancora più delicata». Insomma, pare che sempre più spesso queste autocertificazioni non siano del tutto veritiere e si passi allegramente sopra al possesso dei requisiti prescritti. 

Una vicenda che fa discutere e non solo in Italia, la notizia è rimbalzata anche oltreoceano ed è stata oggetto di un articolo del “New York Times”. Anche perché, al di là delle questioni strettamente religiose, la natura del provvedimento sembra chiaramente avere un contenuto “sociale” e pare evidente che tra le sue finalità ci sia anche quella di evitare la strumentalizzazione che viene fatta da parte di ambienti mafiosi della figura del “padrino”, divenuta troppo frequentemente in Sicilia un'occasione di creazione di legami per famiglie che cercano di migliorare la propria condizioni e legarsi a potentati locali che hanno decine di padrini, un metodo di rafforzare legami familiari e, a volte, anche criminali. Siamo pur sempre in terra di mafia. 

Non a caso, nell'articolo del “New York Times” viene citato il precedente di monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, che nel 2014, allora vescovo di Reggio Calabria, chiese al Vaticano di poter sospendere la presenza di padrini ai sacramenti per contrastare i legami della 'ndrangheta. L’allora Sostituto della Segreteria di Stato, il cardinale Angelo Becciu, rispose che dovevano essere d’accordo tutti i vescovi della Calabria. E quindi in quel momento non fu possibile prendere una decisione in tal senso. 

Il Vicario generale della diocesi di Catania monsignor Salvatore Genchi auspica però un cambiamento di rotta: «Noi speriamo che le cose cambino, e chi si accinge a fare il padrino o la madrina lo faccia davvero perché intende essere un testimone di un cammino di fede», ha detto a “Famiglia Cristiana”. «Vediamo come andrà nel tempo. Abbiamo fiducia che la sensibilità della comunità cristiana possa comprendere il vero significato designato al ruolo di padrino e madrina nella celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione», conclude monsignor Genchi.