di Stefano Casini

All'inizio degli anni '20, la CCIM inizió una modalità di rafforzamento dei legami sociali, mentre cercava di rafforzare i legami con uomini d'affari fuori dall'istituzione. Questa strategia, che pretendeva nuovi iscritti, non aveva un obiettivo più alto e trascendente. Consentire di migliorare i rapporti con le altre frazioni borghesi attraverso persone con esperienza imprenditoriale e sindacale diverse. In questo senso va intesa la proposta del presidente dell'ICMC, Emilio Coelli che, nel 1921, suggerí ai soci, col fine di scambiare idee su temi d'indole commerciale e finanziaria, di realizzare, l'ultimo sabato di ogni mese una colazione per dialogare e discutere le attività dell'ente. Inoltre si invitavano alla colazione personalitá di peso anche fuori della collettivitá.  La seconda colazione fu fissata il 25 giugno 1921, con il ministro italiano a Montevideo e il dottor Luigi Caviglia, che, in quel momento era Ministro dell'Industria del paese, assieme ad altri illustri invitati della politica e l'economia dell'Uruguay. La  terza colazione fu sospesa dal presidente Coelli "a causa de la epidemia de gripe'" che infestó Montevideo. La cena sospesa fu riprogrammata il 15 ottobre 1924 e il CCIM invitó  grandi imprenditori locali come Pesquera y Cia., Piqué, Larrieux y Cia; Sestino Mannocci; e Zás Hermano. Il pranzo fu organizzato da Coelli all''Hotel Savoia il 18 ottobre 1924 alle 12:30 "per rafforzare i legami e promuovere un proficuo scambio di idee in materia commerciale" . 

Altri notabili personaggi del mondo degli d'affari e della politica furono invitati e omaggiati nel corso degli anni '20, in una strategia che riuscí a produrre rapporti molto fecondi ed un considerevole aumento delle attività commerciali fra l'Italia e l'Uruguay

La Camera doveva agire per articolatore gli interessi tra coloro che rappresentavano l'oltreoceano e quelli specifici dei mercanti e degli industriali con sede in Uruguay.  Fino alla sua morte istituzionale nell'era del Presidente Ascer, l'archivio della Camera conservava molte segnalazioni a produttori ed esportatori italiani, considerando spesso la pertinenza o meno delle proposte. Si indicava anche la diversità delle ragioni sull'avvertimento, l'esistenza di una produzione nazionale significativa, un dazio di importazione elevato, le difficoltà di accedere a determinati articoli in un mercato con una forte presenza e il controllo dei commercianti di altre potenze rivali. A volte le lettere che si scrivevano incoraggiavano alcune proposte perché non si trattava di prodotti locali. Il 13 novembre 1922 fu riferito a Gino Colli, milanese, che "non esistono fabbriche né di gioccatoli né di oggetti artistici".  Il consulente forní un elenco di aziende che potevano essere interessate a rappresentarli. Fu famosa quella inviata a Bruni Santo, di Brescia, notificandogli che era stata pubblicizzata nel "Bollettino" della Camera"

La CCIM non solo ha riunito imprenditori, ma ha anche contribuito alla formazione della "comunità imprenditoriale nazionale" non solo italiana. Le informazioni che la CCIM riceveva dal Regno d'Italia e da altre società estere, venivano restituite ai soci che potevano sfociare in proposte per ampliare le attività per per tutti i soci, mentre personaggi meno in vista del mondo degli affari, hanno conquistato posizioni che, senza quel concorso, sarebbero state molto improbabili. La diffusione dell'informazione ha avuto, come conseguenza, proteste da parte di alcuni iscritti e anche qualche dimissione. I meriti personali, la maggiore vicinanza all'istituzione e la dedicazione del tempo per contattare i responsabili, la conoscenza e rapporti di amicizia, la capacità di generare collegamenti e di aderire in modo visibile sul lavoro istituzionale, erano pesanti elementi quando si trattava di deliberare l'incarico di una rappresentanza. Per decenni non ci fu nessuna regolamentazione in tal senso. Molte volte, il problema non è stato risolto nelle riunioni del consiglio, ma nel lavoro amministrativo quotidiano. Alcune differenze si sono espresse all'interno della dirigenza sindacale aprendo la strada per stabilire criteri generali diversi e meno resistiti da una pratica di élite. Nella seduta del 29 settembre 1920, la Direttiva deliberó in relazione alle richieste delle imprese italiane che potevano manifere interesse all'esportazione e che fosse pubblicato un elenco delle stesse per tutti gli interessati per  poter attuare direttamente la loro proposta o attraverso la stessa CCIM. 

(CONTINUA)