di Michele Mezza

Oltre 60mila firme raccolte a Trieste contro l'assedio dei no vax e in difesa dei vaccini. Ma dopo questi mesi di permanente eversione delle città italiane a opera di quel miscuglio di oscurantismo e sedizione politica, come abbiamo visto a Roma, in occasione dell'aggressione alla CGIL, rimane sospesa la domanda: perché i sì vax non trovano forza e forma per scendere in piazza?

Non sarebbe ora di una vera manifestazione di popolo che mostri realmente al paese quale sia il senso comune in questa battaglia di civiltà?

Appare paradossale questo continuo sussulto di minoranze che, anche con il palese appoggio di forze politiche rilevanti, come risulta dalle posizioni sul tema green pass di Lega e Fratelli d'Italia, riescono a condizionare l'emergenza sanitaria, costringendo il governo a contorsioni normative per non affrontare il vero nodo della questione: l'obbligo vaccinale.

Perché la maggioranza non risponde? Come mai partiti come il PD, o i 5S, che pure rappresentano l'architrave della strategia delle vaccinazioni, ancora non impugnano la bandiera del contrasto organizzato e sicuro al contagio?

La scienza ormai su questo tema non mostra più differenze o sfumature. Del resto i dati non lo consentirebbero. Siamo in un tornante in cui la copertura dei vaccini rappresenta ormai incontrovertibilmente l'unica barriera alla ripresa della pandemia. Semmai bisogna dare più forza e sostanza all'intera strategia, combinando la campagna per la terza dose a una vigilanza territoriale più organizzata e capillare, che permetta, anche grazie a numeri ancora contenuti, di mappare i focolai di infezione, e tracciare i movimenti dei positivi, con un sistema di sequenziamento che ci consenta, finalmente, di inseguire e localizzare le dinamiche virali delle varianti in corso.

Si tratta, lo ha spiegato bene Andrea Crisanti nei suoi ultimi interventi che riprendono il libro Caccia al Virus (Donzelli) pubblicato quest'estate, di adeguare misure pensate per un'emergenza momentanea a una fase in cui ormai il virus si è endemicizzato, seppur a bassa intensità.

Ora bisogna sviluppare una politica territoriale strutturata, che rimoduli l'intero sistema sanitario, integrandolo con reti sociali di controllo e assistenza in grado di monitorare e controllare i movimenti del contagio, declinandosi sul territorio. Una politica che deve avere il supporto di una forte persuasione sociale che la reclami e la riorganizzi localmente.

In questa logica dare forma a una forte risposta del popolo dei sì vax diventa non retorico e nemmeno puramente "politicista". A differenza di quanto sta avvenendo in Inghilterra, dove si assiste a forme di recrudescenza dell'epidemia che vengono esorcizzate con il silenzio e la distrazione dell'opinione pubblica, nel nostro paese possiamo contare ancora su una forte focalizzazione sulla questione pandemia.

Una focalizzazione che però ha solo il marchio di un'opposizione sempre più tenacemente organizzata e usata per condizionare le istituzioni.

Allora ripetiamo la domanda: perché a Milano, Roma, Napoli o proprio a Trieste, non scende in campo il fronte della scienza e della trasparenza che chiede una politica consapevole e controllata di contrasto al contagio? Perché partiti e sindacati non fanno sentire la voce di questo popolo che proprio grazie ai vaccini ha rimesso in moto il paese?

Qualcosa sta frenando anche il versante più impegnato su questo snodo. L'area di centro sinistra, il mondo sindacale sembrano in qualche modo incerti, quasi interdetti nella risposta alla destra no vax.

I dati sociologici ci dicono che una componente non irrilevante del movimento di resistenza ai vaccini sia rappresentata dal mondo del lavoro, in particolare nei settori più strutturati, che una volta avremmo chiamato di aristocrazia operaia, come i portuali a Trieste e Genova, o il tappeto dei produttori del nord est.

Siamo a un tornante che in qualche modo ricorda il referendum sulla scala mobile, quando apparve chiaro che il mondo del lavoro dipendente era minoranza e anche culturalmente sempre più sparpagliata nella sua adesione politica. Bisogna colmare questo buco nero e riempire la piazza di un popolo che vuole progredire in sicurezza.