Di PIETRO SALVATORI

Se nella votazione sul blog che si chiuderà a mezzogiorno di oggi gli attivisti del Movimento 5 stelle diranno sì al 2x1000 sconfesseranno anni e anni di battaglie, insulti e intemerate grilline sui soldi pubblici e la politica. Se diranno no sconfesseranno la linea di Giuseppe Conte. È una loose-loose situation quella di un partito sempre più in crisi di identità, tra un nuovo corso che non riesce a decollare e il fardello di contraddizioni interne intorno alle quali si raggrumano critiche e delusioni interne.

La verità è che quei soldi ai 5 stelle servono maledettamente. Le casse del partito sono vuote, i parlamentari che versano l’obolo si sono ridotti al lumicino, vuoi per la sfiducia nei confronti dei nuovi vertici vuoi per un futuro incerto che consiglia di tenersi un gruzzoletto da parte. Per la campagna delle amministrative l’ex premier ha fruito in modo creativo della struttura assunta da Camera e Senato (lo stesso Rocco Casalino è stipendiato dalle Camere), ma il giochino si regge su gambe fragili, la normale attività del Movimento, i soldi alle società che garantiscono le piattaforme di voto, la corsa alle prossime elezioni politiche necessitano di avere del denaro.

E così i 5 stelle cadono improvvisamente dal pero, si accorgono che per fare politica occorrono i soldi, che il web e la democrazia diretta non bastano, e che anche per alimentare web e democrazia diretta servono denari.

Da un paio di giorni e in queste ore pure continua un forsennato pressing su Beppe Grillo affinché non manifesti la sua contrarietà all’apertura di un flusso di cassa di soldi pubblici nel salvadanaio 5 stelle, che basterebbe un tweet criptico con un grugnito sotto un meme per aprire alla ridda di esegesi del verbo del garante e a mandare a gambe all’aria il progetto.

Conte sa di muoversi su un terreno scivolosissimo. Così il capo politico scarica la decisione sui peones: “I gruppi parlamentari di Camera e Senato, nel corso di un’assemblea congiunta, hanno concordato, pressoché unanimemente, di aprire a questa forma di finanziamento”, “ho preso atto della richiesta”, ce lo chiedono “molti attivisti che, faticosamente e quotidianamente, si adoperano sui territori per fare quella politica sana, ma anche spesso dispendiosa, che necessita però di un sostegno economico per poter essere continua ed efficace”.

L’incredibile epifania dei grillini folgorati sulla via del finanziamento pubblico, l’acquisizione della consapevolezza che la politica necessita di quattrini, ha avuto un periodo di gestazione di una quindicina di anni, ma alla fine ci sono arrivati anche loro. Peccato che il solo metterla ai voti fa carta straccia di uno dei pilastri sui quali i 5 stelle hanno preso infornate di voti alle elezioni, e che quei principi fondativi appallottolati e allegramente gettati hanno ormai riempito un cestino strabordante di tabù frullati tra il vecchio e ol nuovo corso.

La contestuale domanda sul “finanziamento privato in regime fiscale agevolato” completa un percorso di normalizzazione che può essere utile al sistema ma che non si capisce cosa diamine abbia a che fare con il grillismo e in che modo l’eccezionalità rivendicata fino allo stremo ieri e oggi c’entri ancora qualcosa con questo partito “liberale”, “moderato”, che “guarda al centro” e si “allea con il centrosinistra” che non ha ancora un’agenda chiara ma che ha bene in mente come distribuire il potere interno e che per sopravvivere ha bisogno di quello per il quale fino a ieri tutti gli altri erano feccia: il vile e pubblico denaro.