di Arturo Illia*

Mentre si attende di sapere chi sarà il candidato che dovrà sostituire il Senatore Cario, estromesso a causa di brogli elettorali, il mondo degli italiani all’estero è in piena rivolta per ottenere quei cambiamenti che alla fine porterebbero una ventata di onestà in un voto sul quale, quotidianamente, appaiono novità che lasciano perplessi pure per la superficialità dell’intervento istituzionale su di una questione che ha già minato i Governi del nostro nel Paese da quando è nato il voto al di fuori dei confini nazionali. 

Si, perché i brogli scoperti nel 2018 e parzialmente sentenziati con l’estromissione del Senatore Cario hanno in pratica scoperchiato una pentola che in una vera Repubblica con stato di diritto avrebbe prodotto un’indagine degna di questo nome e perseguito penalmente i responsabili. Invece nel nostro vice-regno ancora si tergiversa su chi dovrebbe rimpiazzare il “colpevole” (che non ha ricevuto alcuna accusa ,né denunce), che nel frattempo pare essere tornato nella sua Argentina e che non è intenzionato (visto che secondo lui in questi anni ha lavorato) a restituire i lauti compensi intascati in questi anni. 

Ormai è assodato come in occasione delle elezioni si metta in moto un vero e proprio meccanismo che “intercetta”, pagando, decine di migliaia di schede elettorali, le modifica e le spedisce ai nostri Consolati, dove poi, attraverso un percorso che le porta in Italia, vengono conteggiate come voti veri e certificati: ma il bello è che su questo stanno reclamando (ai quattro angoli del mondo come testimoniato da una nota trasmissione televisiva italiana che ha effettuato un servizio molto esaustivo sulla questione) proprio quegli elettori che mai le hanno ricevute.

Ed ecco che la protesta si è materializzata nelle elezioni dei Comites (gli organismi rappresentativi delle comunità italiane all’estero) che hanno registrato una vera e propria catastrofe, con percentuali di voto al 3% degli aventi diritto e un suffragio che nella sua essenza ha premiato i soliti “amici degli amici”.

Ma non è tutto, perché nel calderone delle “cittadinanze facili” con elargizioni di passaporti che ormai vengono dispensati (nel pieno rispetto del decreto giolittiano di fine 800) anche a discendenti di “ventesima” generazione, come già spesso da noi denunciato, ecco spuntare una ciliegina sulla torta, rivelata da Gente d'Italia,  quotidiano dedicato agli italiani all’estero, e cioè dei veri e propri “call center” fasulli dove, in cambio di 500 euro, vengono procurati appuntamenti consolari per iniziare le pratiche. Questo perché, specie in Argentina e Uruguay, i Consolati, a causa di queste elargizioni benefiche, sono letteralmente intasati al punto che le aspettative per la convocazione sono arrivate a circa tre anni. Ed ecco quindi apparire strutture che invece “accorciano” la tempistica.

Nel frattempo nessun partito o movimento denuncia questo sistema “bananas”, né pare abbia tanta voglia di modificarlo oppure sono lì a pensare sul da farsi e tirano sui tempi decisionali, rimandandoli alle calende greche. Ormai l’Italia viene letteralmente presa in giro anche in America Latina: giorni fa un giornalista argentino, parlando dello scandalo delle cittadinanze facili, ebbe a dire che per diventare italiani vale anche la parentela con Giulio Cesare.

Chissà se la catastrofe del voto dei Comites riuscirà a far capire a una classe politica rinchiusa nel suo pianeta privilegiato che forse siamo all’inizio di una protesta e stufi di un sistema che, pur continuando a generare reati in questioni tanto importanti come il voto e la cittadinanza, non produce (per il momento) nessuna causa che almeno tenti di riportare la questione sui binari della legalità e di quel diritto o stato di diritto che ogni giorno, come si vede, viene calpestato.

*Arturo Illia

(IL SUSSIDIARIO)