di Giorgio Merlo 

La politica italiana è destinata a cambiare in profondità dopo l'ormai prossima elezione del presidente della Repubblica. Lo diciamo da tempo e non mancano, come ovvio e quasi scontato, le premesse per questo cambiamento. Politiche, culturali e organizzative. Ci saranno nuovi soggetti politici e, forse, anche nuovi protagonisti. Una ragione in più per arrivare alla facile conclusione che tutti i sondaggi che vengono sfornati in questi ultimi tempi sono destinati ad essere radicalmente rivisti e aggiornati.

Un cambiamento che, tra l'altro, coinciderà anche con il ritorno del "centro" e, soprattutto, della "politica di centro". Cioè di una prassi e di una cultura che in questi ultimi anni sono stati sacrificati sull'altare del bipolarismo muscolare frutto e conseguenza di una massiccia e persistente radicalizzazione del conflitto politico. Ora, con il progressivo esaurirsi del populismo grillino e del carico di antipolitica e di qualunquismo che si trascinava dietro, è persin ovvio che il tutto coincida anche con il ritorno della politica, dei partiti organizzati e radicati nel territorio e, di conseguenza, delle culture politiche.

Lontani, quindi, dal massimalismo della sinistra, dal populismo grillino e dal sovranismo di alcuni settori della destra. Un "centro", quindi, plurale, democratico e di governo. Una costante che nel nostro paese è sempre stata centrale. E questo non solo per le dinamiche concrete del sistema politico italiano ma anche, e soprattutto, per la caratteristica fondamentale che in Italia si governa non "con" il centro ma "al" centro. Un elemento, questo, che non può essere rimosso per una moda transitoria. Come, nello specifico, la moda populista, demagogica, antiparlamentare e giustizialista.

Ed è proprio in un contesto come questo che è possibile recuperare alcuni filoni ideali che negli ultimi anni sono stati semplicemente oscurati e marginalizzati per svariate motivazioni nello scenario politico italiano. A cominciare, innanzitutto, da chi si è riconosciuto per molto tempo in quel patrimonio ideale, politico e culturale. Parlo, nello specifico, di quella tradizione che viene comunemente definita come "sinistra sociale" di ispirazione cristiana. Cioè una tradizione che a lungo si è riconosciuta nella Democrazia Cristiana, nel Partito Popolare Italiano, nella Margherita e, in modo ormai molto flebile e alquanto approssimativo, nel percorso iniziale del Partito democratico.

Una tradizione che è stata decisiva in molte fasi della politica italiana e che ha portato un contributo di qualità che non può essere relegato in soffitta. Si pensi soltanto che, dopo l'esplosione della "questione sociale" causa la pandemia e ciò che sta comportando nella società italiana, quasi impone la presenza di una sinistra sociale con una forte caratterizzazione politica e culturale. L'irruzione del populismo grillino ha cancellato, se non addirittura raso al suolo, le culture politiche che hanno accompagnato e condizionato il cammino e il consolidamento della nostra democrazia. E il potenziale ritorno della politica, dei partiti e delle culture politiche, appunto, ridà speranza per una possibile inversione di rotta. Prima avviene e meglio è.

Ma il pensiero politico e culturale che per anni si è identificato con gli esponenti storici di questo filone, cioè Carlo Donat-Cattin e Franco Marini, può rinascere - ovviamente rivisto e aggiornato con le dinamiche della società contemporanea - in un soggetto politico nuovo che non è lontanamente riconducibile al massimalismo della sinistra alleato con ciò che resta del populismo nostrano o con alcuni spezzoni del sovranismo riconducibile alla destra. E proprio un soggetto politico nuovo come una "Margherita 2.0" può far rivivere una tradizione distinta e distante dalle attuali formazioni in campo che sono e restano frutto della stagione populista e demagogica che ha caratterizzato la fase politica di questi ultimi anni.

Insomma, si apre una stagione politica che può offrire grandi potenzialità e straordinarie opportunità per inverare nella politica contemporanea valori, principi, idee e progetti che hanno caratterizzato le migliori stagioni della politica italiana. E, per quel che mi riguarda, quella del cattolicesimo sociale e politico.

Ecco perchè con la ripartenza di un "centro" che non si riduce a una banale rendita di posizione o ad un equilibrismo trasformistico ed opportunistico ma che, al contrario, rideclina un progetto politico, culturale e di governo credibile e non riconducibile a logiche populiste e demagogiche, si può riqualificare la stessa funzione e il ruolo della politica nella società contemporanea.

A cominciare, appunto, anche dal recupero della cultura e della politica che comunemente viene definita come la "sinistra sociale" di ispirazione cristiana che, lo ripeto, non può essere consegnata alla storia solo perché viviamo in una stagione post ideologica che, a volte, si ha l'impressione sconfini anche in una fase addirittura post politica.