di Enrico Nicosia

Arrestare la deforestazione entro il 2030. Con questo impegno sottoscritto alla Cop 26 di Glasgow si è chiuso il 2021. Che succederà nel 2022? Un punto di riferimento utile lo offre la mappa delle foreste vergini messa a punto da alcuni ricercatori dell'Università del Maryland e dai tecnici della Global Mapping Hub di Greenpeace. La maggior parte delle foreste vergini del pianeta è ospitata da Brasile, Canada, Russia e Repubblica Democratica del Congo: è da qui che bisogna partire per tracciare la rotta necessaria alla salvaguardia degli ecosistemi forestali da cui dipende anche la stabilità del clima.

Utilizzando immagini satellitari a media risoluzione, gli esperti forestali sono riusciti a stabilire i confini delle foreste incontaminate. Circa 11,3 milioni di chilometri quadrati di "paesaggi forestali intatti" – secondo la definizione scientifica – che coprono appena il 9% delle terre emerse libere dai ghiacci. Distribuite in tutti i continenti, le più grandi si trovano nel bacino del Rio delle Amazzoni, nel bacino del fiume Congo e all'interno della grande foresta boreale, fra Russia e America settentrionale. Da soli questi territori ospitano il 75% delle foreste vergini del pianeta.

Si tratta di antichi tratti forestali, estesi per almeno 500 chilometri di lunghezza e 10 di larghezza, che ospitano un'alta concentrazione di biodiversità e includono altri ecosistemi, come le zone umide. Ciò che rende uniche queste parti di foresta è che non sono state direttamente alterate dalle attività umane: non si trovano strade che le attraversano frammentandone gli habitat, non c'è traccia di attività agricole industriali e l'incontrollata estrazione del legname non le ha ancora raggiunte. Uniche veramente, ma anche sempre più rare.

Secondo i dati raccolti dagli esperti, negli ultimi venti anni sono andati persi circa 1.5 milioni di chilometri quadrati di foreste vergini. Le perdite più grandi sono avvenute in Russia, dove ogni anno vengono distrutti fino a 33 mila chilometri quadrati di foresta vergine a causa del disboscamento industriale, dell'estrazione di minerali e combustibili fossili e dei sempre più frequenti incendi boschivi. Ai piani alti dell'infelice classifica delle perdite anche il Brasile: negli ultimi sette anni, la distruzione delle foreste incontaminate è aumentata del 40%, dettata soprattutto dalla conversione all'agricoltura e dall'estrazione di legname per l'industria. Perdite simili anche nelle foreste della Repubblica Democratica del Congo, in Indonesia e nella maggior parte dei Paesi tropicali del Sud America.

Questo aumento del trend di scomparsa di foreste vergini è iniziato proprio nel 2014, anno in cui è stata firmata la Dichiarazione di New York sulle Foreste. A partire dal 2014 l'area di paesaggi forestali intatti persa ogni anno è aumentato del 28% rispetto agli inizi del 2000. A questo ritmo, entro il 2050 potrebbe sparire circa un terzo delle foreste vergini del pianeta.

Riuscire a conservarle e a mantenerle intatte potrebbe fare la differenza per le sorti climatiche e la conservazione della biodiversità. Le foreste vergini, infatti, riescono ad immagazzinare più carbonio atmosferico di quanto non riescano a fare le foreste secondarie – quelle parti di foresta che si rigenerano dopo una perdita di vegetazione causata soprattutto delle attività umane – e ospitano un'incredibile varietà di specie vegetali e animali, alcune delle quali ancora da scoprire. Inoltre, molte specie – spesso in pericolo di estinzione – sono esclusive di queste foreste, come gli elefanti di foresta (Loxodonta cyclotis) e i bonobo (Pan paniscus) nel bacino del Congo, o il delfino delle amazzoni (Inia geoffrensis) nella rete fluviale e lacustre dell'Amazzonia, solo per citarne alcune.

Ma l'importanza delle foreste vergini non finisci qui. Questi ecosistemi hanno anche un importante ruolo culturale: assicurano la sopravvivenza di migliaia di popoli indigeni. Ad esempio gli Aka, i Baka e i Bayaka, i "pigmei" nel bacino del Congo. Gli Ashaninka, i Yaminawá e i Korubo nella foresta amazzonica. I Kwerba nella Papua. Popoli che vivono immersi nelle aree forestali, in alcuni casi senza essere mai entrati in contatto con il mondo esterno, e che adesso sono minacciati dalla rapida diminuzione delle foreste vergini.