Mario Draghi (Depositphotos)

Si compiono gli ultimi adempimenti per sancire la conferma di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica, ma la "settimana di passione" vissuta dal Parlamento non è passata senza lasciare traccia nei partiti che ne sono stati protagonisti. In tutti e fra tutti emergono divisioni e contrasti che oltre a rendere incerto il futuro del nostro paese, rischiano di alterare il quadro politico mettendo in discussione le leadership di tutti i partiti travolti da un vero e proprio "tsunami" di contestazioni. Eppure era diffusa la convinzione che l'esito del voto sarebbe stato scontato con il trasferimento di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale. Così non è stato e, anzi, questa elezione si è rivelata, forse, la più drammatica della storia della nostra Repubblica.

Il fatto è che sotterraneamente (ma, a volte anche in modo palese) c'è, alla base del confronto una sempre più forte ostilità delle forze politiche verso l'ex presidente della Banca centrale europea e, anche se nessuno sembra avere il coraggio di scendere apertamente in campo contro di lui (la sola eccezione è costituita da Giorgia Meloni e dal suo "Fratelli d'Italia") il fuoco cova sotto la cenere. È fuor di dubbio, infatti, che i partiti considerano il presidente del Consiglio una sorta di usurpatore che tende ad accentrare su di sé ogni decisione ignorandoli e, addirittura, snobbandoli. Per questo, molto probabilmente non lo hanno voluto alla presidenza della Repubblica, temendo che la sua elezione avrebbe potuto prefigurare quello che considererebbero un vero e proprio "golpe" trasformando il regime parlamentare in regime presidenziale o semipresidenziale che limiterebbe considerevolmente il loro potere.

Quanto a Draghi sembra non preoccuparsi più di tanto dell'ostilita dei partiti nei suoi confronti. Ci sono almeno tre ragioni che lo inducono a tirare dritto per la sua strada: la prima è che i partiti attraversano, allo stato, un momento di estrema debolezza, divisi al loro interno, confusi sulle iniziative da assumere, decisamente impopolari presso la pubblica opinione che li considera con assoluto disprezzo; la seconda è che la rielezione di Mattarella costituisce per lui un aiuto e un punto di riferimento non indifferente; la terza è che anche i suoi più accaniti avversari sono consapevoli che senza di lui alla guida del governo è quantomeno improbabile che l'Unione europea continuerà a erogare all'Italia quegli aiuti che le sono indispensabili per evitare una crisi economica senza precedenti.

Stando così le cose è da prevedere che, nelle settimane e nei mesi a venire, la vita politica italiana sarà caratterizzata da questo scontro partiti-Draghi che, in occasione della conferma di Mattarella ha messo in chiara evidenza. Difficile prevedere come e quando,la partita potrà concludersi dato che, per "giocarla" le forze politiche dovranno preventivamente ricostruirsi, cosa che non sarà né facile, né di breve momento. Ecco perché, in questo contesto, la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi, rafforzata da quella di Mattarella al Quirinale, continua a essere indispensabile.

OTTORINO GURGO