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Egregio Direttore,
Numerose e controverse sono le regole che governi nazionali e istituzioni internazionali stanno introducendo in questi ultimi anni per gestire il fenomeno dello "smart working" e le sue implicazioni giuridiche e fiscali per i lavoratori che si spostano tra i vari Paesi. Permane ancora un manifesto e vasto vuoto normativo: i lavoratori "migranti" che effettuano lo "smart working" infatti si trovano spesso in situazioni che non sono state ancora disciplinate in maniera uniforme e chiara da normative nazionali e internazionali.
Proprio per questo è di grande interesse, per quanto riguarda l'Italia, la risposta dell'Agenzia delle Entrate all'interpello n. 55 del 31 gennaio 2022, dove viene chiarito che il regime fiscale di favore per i lavoratori impatriati non richiede che l'attività sia svolta per un'impresa operante sul territorio italiano. 
Quindi possono accedere alle varie agevolazioni (in particolare sulla riduzione dell'imponibile) i soggetti che vengono a svolgere in Italia in modalità "smart working" un'attività alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all'estero o i cui committenti siano soggetti stranieri non residenti. 
L'Agenzia ha esaminato il caso di un cittadino italiano residente in un Paese dell'Unione europea e dirigente per alcuni anni di una società locale il quale ha deciso di rientrare in Italia nel 2022 mantenendo il rapporto di lavoro dipendente con il datore di lavoro estero, ed ottenendo l'autorizzazione a svolgere la propria prestazione lavorativa in smart working  per le annualità a venire.
Il lavoratore ha chiesto all'Agenzia delle Entrate di sapere se, una volta rientrato in Italia, potrà beneficiare del regime fiscale agevolato previsto per i lavoratori impatriati per i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia a partire appunto dall'anno di imposta 2022. 
Dopo aver fatto una disamina di tutte la normativa che si è succeduta in questi ultimi anni in relazione al regime fiscale speciale per i lavoratori impatriati (che prevede, tra l'altro, sconti fiscali fino al 90% dell'imponibile) i quali soddisfano i requisiti richiesti (per fruire dell'agevolazione fiscale in questione sono stati forniti chiarimenti con circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 33/E del 28 dicembre 2020, cui ovviamente si rinvia per una completa disamina degli aspetti di carattere generale della normativa in esame), l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che per quanto riguarda un datore di lavoro non residente in Italia la normativa in vigore non richiede che l'attività sia svolta per un'impresa operante sul territorio italiano e che pertanto possono accedere alle agevolazioni fiscali i soggetti i quali vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all'estero o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri non residenti. 
Di conseguenza il cittadino italiano residente all'estero, ovviamente laddove risultino soddisfatti tutti i requisiti richiesti dalla norma che prevede le agevolazioni per i lavoratori impatriati, potrà beneficiare dell'agevolazione fiscale di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2015 - come modificato dall'articolo 5 del decreto legge n. 34 del 2019, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e successive modificazioni e integrazioni - per i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia in modalità "smart working" a decorrere dal periodo d'imposta 2022, a condizione che trasferirà la residenza fiscale in Italia.


Angela Schirò 
Deputata PD - Rip. Europa - 
Camera dei Deputati