Franco Esposito

Sotto accusa finisce questa volta l'Onu. Indagati per omicidio colposo i dipendenti del Pam, Leone e Rwagaza. "Rinunciarono all'auto blindata per accelerare il viaggio verso una zona pericolosa e ottenere finanziamenti". L'Onu è finita nella bufera per non aver fatto nulla per evitare l'assassinio dell'ambasciatore Luca Attanasio, rapito e ucciso il 22 febbraio dell'anno scorso da una banda congolese durante un viaggio organizzato dal Programma alimentare mondiale, il Pam.

I due dipendenti sono accusati di aver contribuito all'uccisione dell'ambasciatore, del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell'autista Mustapha Milanbo.

Accadde in Congo, nella zona del parco di Virunga. Dietro le menzogne di Leone Mansour e Rocco Leone c'è un motivo economico. Avrebbero mentito sull'identità dell'ambasciatore Attanasio e del carabiniere per fargli "accelerare il viaggio e fargli apprezzare il progetto del Pam per ottenere nuovi finanziamenti".

Questa è la pista seguita dai carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi e l'aggiunto Sergio Colaiocco. La missione di morte è stata gestita da Rocco Leone, vice direttore del Pam, direttore pro tempore in quei giorni. L'africano indagato era un collaboratore responsabile della sicurezza. Leone, con una disinvoltura che ora mette i brividi, ha scavalcato la scala gerarchica e gestito direttamente il trasferimento dell'ambasciatore. Mansur Luguru Rwagaza ha eseguito materialmente il piano, su sua indicazione. Una colossale follia.

Secondo la Procura di Roma, Rocco Leone avrebbe attivato la procedura di sicurezza del viaggio il 18 febbraio di un anno fa, troppo tardi rispetto dalla data fissata, il 22, per poter applicare il protocollo Onu che si attiene a un diplomatico.

Leone ha mentito, negando che i due italiani fossero dipendenti Pam. "Così non ha potuto ottenere l'auto blindata in dotazione del Pam e neppure quelle misure di sicurezza necessarie a proteggere una così importante figura istituzionale e la sua scorta". Leone mirava di avere al più presto il parere favorevole dell'ambasciatore sull'attività del Pam per incassare nuovi fondi dall'Italia,

Una tragedia che poteva essere evitata. "Mi auguro che sia questo il primo passo verso la verità, perchè senza verità non c'è giustizia" è l'asciutto dolente commento di Salvatore Attanasio, il papà dell'ambasciatore fatto assassinare da un connazionale italiano e da un africano. "Questo è un giorno importante, i primi risultati sono arrivati dopo un lungo lavoro, la verità si avvicina", sospira disperata la vedova Attanasio, Zakia Seddiki, tre figli avuti dal loro matrimonio celebrato nel 2015. "Le mie figlie chiedono di lui, guardano le fotografie e sognano. Io vado avanti solo per loro".

L'ambasciatore Attanasio aveva creato, attraverso Mama Sofia, una fondazione. La porta avanti la moglie Zakia. "Divulghiamo il suo pensiero, il suo modo di fare diplomazia. Luca Attanasio aveva messo su una comunità anche di bambini. "Ne fanno parte i nostri figli e così fanno rivivere il nostro Luca".

La Farnesina auspica la massima collaborazione da parte del Pam con la magistratura italiana. "Vanno chiariti tutti gli aspetti del tragico fatto e assicurare i responsabili alla giustizia". I magistrati italiani hanno intanto ricostruito gli accadimenti di quel 22 febbraio dello scorso anno. Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza avrebbero "omesso per negligenza, imprudenza e imperizia ogni cautela idonea a tutelare l'integrità fisica dei partecipanti alla missione Pam. Avrebbero omesso di predisporre le cautele per il rischio del percorso che, pur avendo dei tratti classificati verdi, cioè a rischio medio, aveva anche delle parti che avrebbero imposto di indossare, o avere prontamente reperibile, il casco e il giubbotto antiproiettili",

Ma non è tutto, c'è dell'altro nel comportamento menzognero di Leone e Mansour Rwanga. Avrebbero omesso "in presenza di ambasciatore che rappresenta il proprio Paese e costituisce pertanto un soggetto particolarmente a rischio, e dopo a ver dato assicurazioni al carabiniere Iacovacci a seguito delle sue richieste, di poter usufruire di veicoli blindati, che le misure di sicurezza base sarebbero state incrementate, di approntare ogni utile ulteriore misura di mitigazione del rischio".

Accuse indubbiamente pesanti, soprattutto circostanziate. La Procura di Roma ha chiuso le indagini. Ma i killer ancora non sono stati individuati.