Michele Schiavone
di Michele Schiavone*
 

Gentile Direttore,

ho seguito direttamente l'intera vicenda legata al parere obbligatorio richiesto annualmente al Com.It.Es. di Montevideo per valutare i criteri indicati dalla legge 286/2003 sulla pubblicazione del Suo quotidiano "La Gente d'Italia". Ho avuto modo di parlarne con l'Ambasciatore d'Italia in Uruguay, Giovanni Iannuzzi, e sono stato contattato da diversi rappresentanti della nostra Comunità impegnati nel sociale, nel mondo della cultura e nel volontariato riscontrando pareri qualificanti di forte apprezzamento. Ho avuto anche modo di leggere il parere sintetico espresso dal Com.It.Es. di Montevideo e, purtroppo, ho constatato con sorpresa di verificare come a volte il potere viene espresso ed esercitato in maniera diversa da quanto dispone in maniera generale la legge: "la libertà è il diritto di fare quello che le leggi permettono, ma non di utilizzarle come tornaconto". 

Nell'esercizio delle funzioni pubbliche nessuno ha il diritto di interpretare il ruolo concessogli temporaneamente per sovvertire le regole o per trarne dei vantaggi personali, tanto meno per servirsene in maniera difforme per imprimere svantaggi agli avversari, alle minoranze, a chi non è in condizione di difendersi. E' questa, del resto, una forma di civiltà che pone tutti i Com.It.Es. in una condizione di rappresentanza democratica per la quale nel Parlamento italiano si sono battuti nel momento in cui sono state definite le regole, il ruolo e le funzioni di questo organismo. La democrazia presuppone, in ogni modo, il rispetto delle regole che sono alla base di ogni società libera.

Questi principi, da quanto letto nella stampa e nei messaggi di questi ultimi giorni e ascoltato nei contatti telefonici ricevuti, sono venuti meno e con loro è venuta meno anche la credibilità di chi ha formulato il parere interpretandolo diversamente da quanto previsto nell'articolo 2, comma 4 della legge 286/2003. In realtà il parere richiesto ad ogni Com.It.Es. nel mondo, nella cui circoscrizione vengono pubblicati e distribuiti quotidiani, settimanali e mensili in lingua italiana, è semplice: la pubblicazione che richiede il contributo allo Stato italiano esiste, viene distribuita ed è redatta in lingua italiana o in che percentuale è inserita la lingua locale?

La semplicità per valutare questi requisiti non prevede nessuno studio universitario, tanto meno l'assunzione di investigatori per verificare se le pubblicazioni vengono distribuite per abbonamento o acquistate in edicola. Il parere può essere formulato con un sì o con un no, oppure con l'astensione. Intervenire fuori dal solco tracciato dalla legge è un esercizio di equilibrismo e per astrazione tende a dimostrare altro e, perciò seppur nella autonomia di cui gode ogni Com.It.Es., bisognerà verificare i vizi di forma e sostanzialmente l'obiettività di quanto espresso. Questo compito, quando viene disatteso, è affidato alle istanze superiori che, certamente, saranno chiamate a ripristinare la trasparenza e la veridicità di quanto espresso. Non c'è rispetto della verità senza il rispetto delle regole.

Personalmente reputo da sempre il quotidiano "La Gente d'Italia" un giornale libero, aperto e istruttivo e come ho più volte affermato, è un "un giornale senza padroni e senza padrini" che fa dell'informazione una missione in America latina e tra le Comunità italiane fuori da quel continente. Auspico che la querelle innescata su presupposti alieni dal valore editoriale, che trova conferma ogni giorno oramai da 25 anni, possa rientrare e che il lavoro dei suoi giornalisti possa ritrovare la giusta dimensione e il giusto riconoscimento professionale che gli è dovuto. 

*Michele Schiavone
Segretario Generale degli Italiani all'Estero