Mario Draghi

Di Ottorino Gurgo

È stato piuttosto sprezzante il "no" opposto da Mario Draghi all'ipotesi di un suo ingresso in politica. Ce ne siamo già occupati e se torniamo sull'argomento, non è tanto per valutare le conseguenze che questo rifiuto può avere sul quadro politico, quanto per cercare di comprenderne il significato al di là del contingente. Emerge, infatti, che nell'annoso conflitto tra politici e tecnici, il presidente del Consiglio si è decisamente schierato dalla parte di questi ultimi (dei quali si considera esponente) e tende, quindi, a dare al suo esecutivo la connotazione di governo tecnico. Draghi torna ancora una volta a snobbare la politica e probabilmente ha anche ragione di farlo se si considera a quale deprimente livello la politica è arrivata, travolta dalla crisi dei partiti che da diversi anni a questa parte è andata progressivamente aggravandosi.. L'ex presidente della Banca centrale europea, che si è assunto l'onore di guidare il nostro paese in una situazione di grande difficoltà, appare letteralmente esasperato. E recentemente il conflitto tra il capo del governo e i partiti sembra aver raggiunto il suo acme dopo che nelle votazioni sul decreto "mille proroghe" una parte della maggioranza ha unito i propri voti con quelli dell'opposizione. Fuori di sé, Draghi ha chiesto udienza a Mattarella avvertendolo che così andare avanti non è più possibile e dicendo di essere pronto a rinunciare al proprio mandato se la situazione non dovesse far registrare segni di miglioramento. Salvini, tuttavia, non è parso turbato più di tanto dalla sfuriata di Draghi e pochi giorni dopo è tornato a dissociarsi dal governo votando, sul green pass, insieme con la Meloni. Si accentua, insomma, la confusione e la politica, continua a perdere colpi, non solo agli occhi del presidente del consiglio, ma anche dell'opinione pubblica che non ha mai amato i partiti e men che meno sembra amarli ora.. MegIio, quindi, affidarsi ai tecnici, che sono forse più consapevoli della gravità del momento, non condizionati da manovre di natura partitica e più attrezzati sui temi sottoposti al loro esame? Se prescindiamo dalla situazione che il nostro paese sta attualmente attraversando, la risposta a questo interrogativo non è positiva. In linea di principio, infatti, in una democrazia pienamente consapevole di sé, il primato della politica non può e non deve essere messo in discussione. I partiti sono l’asse portante della vita politica ed è attorno a loro che deve “giostrare” la vita del paese. Ma può definirsi "politica" nel senso corretto del termine, quella di partiti che, come nel nostro caso e come da troppo tempo ormai avviene, costantemente antepongono (come è chiaramente dimostrato, svanita l’ubriacatura di tangentopoli che fece credere a molti che una nuova era si stesse aprendo) i loro interessi di parte agli interessi nazionali? È qui il punto dolente che porta Draghi a preferire i tecnici ai cosiddetti politici. Così, considerando costoro come "i più" e i tecnici come "i meno" ci vien da pensare ai versi di Giuseppe Giusti, secondo il quale "che i più tirano i meno è verità/ posto che sia nei più sennò e virtù/ ma i meno, amico mio, tirano i più/ se i più trattiene inerzia e asinità".