Vladimir Putin (foto depositphotos)

di Giorgio Oldoini

I politologi di fede Putin, a proposito della situazione Ucraina, affermano che gli “occidentali” si sono sempre mossi secondo una logica di espansione

E che l’impiego dell’esercito serve a mantenere lo sbocco al mare, tutelare i territori a prevalenza filo russa e a difendere i sacri confini dal rischio di future iniziative militari della Nato.

Il 9 novembre del 1989 i berlinesi accorsero armati di piccone per demolire l’odiato muro, il cui crollo fu salutato come la fine della politica dei due blocchi.

L’ex impero sovietico si era sgretolato e la maggior parte dei paesi europei aveva scelto la democrazia occidentale per via di libere elezioni. Non risulta che paesi come la Polonia, l’Ungheria e la Cecoslovacchia siano stati conquistati manu militari dalla Nato.

L’URSS ha dovuto mandare i carri armati per soffocare i moti popolari di Budapest e di Praga, cioè per mantenere il dominio interno.

La valorosa Armata Rossa che aveva contribuito alla sconfitta della dittatura nazista nella Seconda guerra mondiale è oggi impiegata per invadere l’Ucraina secondo una logica nazista.

La caduta dell’URSS si deve al confronto tra sistemi economici, all’idea che i popoli dell’est europeo avrebbero potuto raggiungere un più avanzato tenore di vita e di libertà individuali. Compromesse invece dalla burocrazia, dai poliziotti e dal KGB.

Gli “occidentali” pensavano che solo un sistema di libertà civili e politiche avrebbe potuto dare il benessere economico. La Cina dimostra che si può essere comunisti e praticare con successo l’economia di mercato. Gli stessi americani sono entrati in rapporti d’affari con il colosso asiatico, che è diventato il più grande detentore del loro debito pubblico ed invade i loro mercati.

Putin si sforza di trovare una giustificazione alla “sua” guerra e ci riporta indietro nella storia, al concetto di “guerra giusta”. Esso risale al XVI secolo, allorché le nazioni erano legittimate ad aggredire il nemico per “la difesa del territorio, della fede, dei beni e della libertà dei sudditi. Come rappresaglia contro atti di pirateria. Per vendicare un’offesa agli ambasciatori. Per difendere gli amici e gli alleati. Quando un trattato veniva violato dall’altro contraente. Per impedire ad un’altra Nazione di rifornire di uomini, munizioni o alimenti un proprio nemico. Per impedire con una guerra preventiva mutamenti nell’equilibrio di potenza”.

Ed è proprio l’idea dell’equilibrio di potenza che porta a Putin gran parte del consenso elettorale

Specialmente da parte delle generazioni nostalgiche del vecchio impero.

Per ripristinare gli equilibri imperiali, Putin ha da tempo investito in tecnologia militare, con pesanti ricadute sull’economia reale. La tecnologia militare ha segnato la supremazia delle nazioni, dalla scoperta del ferro all’energia nucleare.

Nella storia dell’uomo non si ha un solo caso provato di un’arma più efficace delle precedenti cui si sia rinunciato per scrupolo morale. Per questa ragione la minaccia di Putin di usare l’atomica dev’essere presa sul serio.

Si afferma che l’invasione dell’Ucraina ha avuto il merito di compattare gli stati europei. Si deve peraltro considerare che la guerra in atto ha innescato il processo di “proliferazione”. Le principali nazioni europee hanno aumentato il budget militare per fronteggiare una possibile competizione armata. Si ripristinano così le condizioni della guerra fredda, questa volta allargata ad un nuovo competitore, la Cina, che tuttavia prende le distanze da Putin limitandosi ad astenersi dal condannare l’invasione all’assemblea dell’ONU.

Quando si passa il potere ai militari, finisce l’epoca della civiltà. La “mission” dei “generali” è quella di vincere la guerra senza troppe limitazioni di natura etica. Nel momento in cui gli ucraini resistono all’invasione, ha inizio l’escalation. Si spara sui civili proprio per spezzare la resistenza. L’esodo di qualche milione di persone è un effetto collaterale, che favorisce la “soluzione finale” esattamente come avveniva con i lanzichenecchi al tempo del sacco di Roma.

L’impero austroungarico contro cui avevano combattuto i nostri nonni, arrestava i patrioti ma rispettava le popolazioni. Il principio che nessuna nazione può intraprendere una guerra a scopo di conquista né impiegare la forza contro la libertà di un popolo, risale alla Rivoluzione francese e alla successiva Dichiarazione dei diritti dell’Uomo.

Il preambolo della stessa Costituzione Russa stabilisce fra l’altro: “Noi, multinazionale popolo della Federazione Russa, basandoci sui principi comunemente riconosciuti dell’uguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli, riconoscendoci parte della comunità internazionale, approviamo la COSTITUZIONE DELLA FEDERAZIONE RUSSA”.

Agli occhi del soldato moderno, un genocidio non trova giustificazione e ciò spiega la risposta dei militari russi catturati: “Credevamo di fare una esercitazione”. Non è più valido l’argomento dell’obbedienza che rappresentò la difesa degli imputati al processo di Norimberga.

Ai nostri giorni, i criminali di guerra che hanno “dovuto” obbedire gli ordini, restano criminali di guerra. In questi giorni il pubblico ministero della Corte penale europea ha aperto un’indagine per presunti crimini di guerra commessi da Putin e dai suoi generali.

E’ in corso anche una battaglia mediatica (nessuno ha mai eguagliato in efficacia la radio popolare di Hitler). Tuttavia, non saranno i media a rovesciare il regime di Putin ma solo un rivolgimento militare o di palazzo.

Putin e i suoi favoriti (gli oligarchi), speravano che gli ucraini alzassero le braccia tremanti o si preparassero al martirio. La reazione in atto di oltre 40 milioni di abitanti può avere due sbocchi: un assedio molto lungo o la guerra totale verso le nazioni che aiutano quel popolo.

Non entrano in gioco i valori religiosi, dal momento che gran parte della Chiesa ortodossa difende Putin. Solo di recente, grazie forse al carisma di Papa Francesco, ha finito per condannare l’invasione.

La guerra di Putin non trova giustificazione neppure per questioni etniche, come era avvenuto nella guerra del Kosovo conseguente alla fine del regime di Tito in Jugoslavia. I conflitti etnici di quel periodo erano stati mirabilmente descritti dal Beato Papa Giovanni Paolo II, il quale si divertiva molto a raccontare questa storiella.

“Ci sono due possibili soluzioni alla crisi dell’Europa orientale: una realistica e l’altra miracolosa. La soluzione realistica è che la Madonna di Czestochowa appaia con tutti gli angeli e i santi e risolva ogni problema. La soluzione miracolosa è che tutte le nazionalità inizino a cooperare tra loro”.

E sarebbe miracoloso che le trattative tra Russia e Ucraina avessero un esito accettabile per una nazione che ha il solo “peccato” di essere terra di confine. E che ha il sacrosanto diritto di pretendere il risarcimento per danni di guerra.

La risposta del mondo occidentale, alla pretesa di imporre un regime per via militare, è stata di natura economica. E non poteva essere altrimenti. La politica dell’isolamento tecnologico, culturale, sportivo e finanziario della Russia, è stata definita un’arma letale.

Allargando la visuale rispetto all’attuale guerra in Europa, si deve registrare il fatto che i più terribili conflitti moderni sono di natura religiosa e razziale. La persecuzione dei cristiani e delle donne in Pakistan, Afghanistan, Corea del Nord e nelle teocrazie medio orientali, sembra non avere una fine. Il mondo aveva sperato per un breve periodo che anche la Russia partecipasse a fianco dell’occidente alle battaglie per ripristinare le libertà dell’uomo contro l’oscurantismo e il terrorismo.

La guerra di Putin ha distrutto questo sogno, perché egli sta dimostrando che la legge prevalente che regola i rapporti tra i popoli, nonostante la Costituzione russa, resta quella della forza.