Nel 1881 il governo decise di riprendere un progetto, che poi fallì, per popolare con manodopera straniera il Paese che al tempo contava appena 10 milioni di abitanti. Così il 2 ottobre 1882 arrivarono 434 italiani destinati a coltivare la terra in una zona disabitata vicino a Puebla. Attirati con false promesse da intermediari corrotti, riuscirono, tra mille traversie, a creare una piccola fiorente economia, che esiste ancora oggi con forti legami con l'Italia
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di ROBERTO ZANNI
C'è stato un periodo che in Messico si inseguiva la colonizzazione straniera. Come? Formare colonie agricole, popolare le zone disabitate del paese con manodopera straniera. Un progetto che tornava a più riprese, nonostante gli insuccessi. Così nel 1881 sotto l'amministrazione del presidente Manuel Gonzalez si andarono a riprendere le idee che erano state del governo di Lerdo de Tejada. "Il Messico - ha raccontato al 'Sol de Puebla' Alfredo Dossetti Mazzocco che fa parte del consiglio ausiliare di Chipilo  - aveva tantissimo territorio e poca popolazione, era abitato da circa 10 milioni di persone (oggi sono quasi 130 milioni ndr)". Ma dove si trova Chipilo? È un piccolo pueblito, un paesino di nemmeno 5.000 abitanti ubicato alle porte dalla metropoli Puebla e che ha una storia italianissima, che adesso compie 140 anni, uno degli esempi più eclatanti, e anche l'ultimo, di quel progetto del governo del Messico della fine dell'800. Fu in quel tempo che l'idea di portare nuova gente nel Paese si incontrò con la povertà e i grandi problemi che affligevano tanti italiani. "Ed era nell'interesse del Governo dell'Italia - ha continuato Alfredo Dossetti Mazzocco - che i poveri se ne andassero così il seme della emigrazione cominciò a propagarsi nelle piccole comunità del nord Italia: Piemonte, Lombardia e Veneto in particolare. Così nacque Chipilo, che originariamente si chiamava Colonia Fernandez Leal: con tanta fatica e lavoro quattrocento italiani che erano arrivati su quelle terre riuscirono ad andare avanti trasformandole da improduttive a fertili facendo quello che sapevano fare meglio, allevare animali e produrre latticini. I requisiti che richiedeva il Messico  erano pochi ma ben precisi: dovevano essere contadini, l'obiettivo primario era rendere fertile la terra, cattolici per evitare conflitti religiosi, dovevano arrivare famiglie così avrebbero messo le radici e non sarebbero tornati nella patria d'origine e gli emigranti non dovevano avere difetti fisici. Ecco come cominciò una tradizione che adesso compie 140 anni, anche se quello che gli italiani trovarono in questa parte del Messico non era proprio quello che era stato raccontato. Era il 1882 quando 'Atlantico' nave a vapore salpò da Genova con gli emigranti destinati a quella che sarebbe diventata Chipilo. Tutto era stato organizzato da intermediari, corrotti, da una parte e dall'altra dell'oceano. Arrivarono il 2 ottobre 1882, dopo aver attraversato, in treno e con altri mezzi, buona parte del Messico. "Secondo i registri - continua il racconto - giunsero 434 persone, la maggior parte famiglie venete, ce n'era solo una lombarda con qualcuno che era originario del Piemonte. Rimasero a San Diego Chipiloc dove vennero divisi tra uomini da una parte e donne e bambini dall'altra. E il 7 ottobre 1882 con una messa fu fondata la Colonia Fernandez Leal che poi divenne Chipilo. Ci fu anche una piccola rivolta qualche mese dopo perchè non erano state mantenute le promesse fatte, addirittura con accuse al governo di portare avanti una 'tratta dei bianchi'.  Si sistemarono le cose, fu concessa terra e attrezzi per lavorarla. Da quei giorni ne sono passate tante, anche una 'Batalla del Grappa' quando arrivarono i rivoluzionari con gli uomini di Chipilo che, per difendersi, tirarono fuori le loro armi nascondendo donne e bambini. Oggi sul monte accanto al paesino c'è una replica della Madonnina del Grappa, ma anche un pezzo di roccia del Monte Grappa, dono del governo italiano. Chipilo, gemellata con Segusino (in provincia di Treviso) da dove provenivano la maggioranza degli emigranti,  è l'ultima colonia di quel progetto fallito quasi un secolo e mezzo fa: si parla veneto, la domenica accoglie i turisti che comprano prodotti caseari e il tipico gelato italiano. Con tante storie da raccontare e i discendenti di quei 434 emigranti.