La sede dell'Oms (foto depositphotos)

No, la pandemia è lungi dall’essere terminata e ieri l’Oms, per bocca del direttore regionale per l’Europa Hans Kluge, lo ha ricordato senza troppi fronzoli, bacchettando anche pesantemente quelle nazioni che hanno tolto alcune restrizioni con troppo anticipo, senza tenere conto della sub variante BA2 di Omicron che continua a far danni. A dargli, purtroppo, manforte, il fatto che i casi sono nuovamente in aumento un po’ ovunque, a partire dalla stessa Italia, anch’essa criticata dall’Osservatorio mondiale della sanità per aver ‘liberalizzato’ un po’ troppo rispetto al dovuto.

Nel mirino, oltre al BelPaese, anche Germania e Francia, Paesi colpevoli di aver “revocato troppo brutalmente, da troppo a non abbastanza” le misure anti-Covid. Secondo i dati dell’Oms, il numero di nuovi casi in Europa è diminuito drasticamente dopo il picco di fine gennaio, ma è in ripresa dall'inizio di marzo, molto probabilmente proprio a causa della limitazione di alcune restrizioni. Kluge, comunque, si è detto “ottimista” in merito alla situazione attuale, anche se c’è bisogno di essere “vigili perché questo è un virus che purtroppo già ci ha preso alla sprovvista più volte”.

Andando nello specifico e nei numeri, 18 Paesi su 53 hanno visto un aumento dei contagi, ma nello stesso tempo la mortalità registrata è per fortuna in netta diminuzione. Un’altra nazione che è stata in difficoltà negli ultimi tempi è stata l’Olanda con una seconda ondata di Omicron, che però sembra ora essere sotto controllo. Il direttore dell’Osservatorio ha comunque elencato tre motivi per cui lui ha fiducia sulla sconfitta del Coronavirus: “Il primo deriva dal fatto che adesso nel mondo c’è una grande immunità tra le vaccinazioni e le infezioni. Il secondo dal fatto che l’inverno è finito e di conseguenza le persone si riuniranno di meno in posti piccoli e affollati. Il terzo dal fatto che la variante Omicron è più lieve nelle persone con il booster”.

Ma rispetto a questo, Kluge ha spiegato: “Nei Paesi con bassi tassi di vaccinazione questa è ancora una malattia che uccide”. Comunque, per Kluge, “bisognerà convivere con il virus per un certo tempo, ma ciò non significa che non si potrà finalmente uscire dalla pandemia”. A patto di rispettare alcuni aspetti, come proteggere le persone più vulnerabili; rafforzare i sistemi di sorveglianza e sequenziamento per poter velocemente intercettare varianti; avere accesso ai nuovi antivirali; occuparsi del carico del post Covid o Long Covid, dato che il 15% dei pazienti che hanno avuto la malattia hanno ancora sintomi 12 settimane più tardi”.