DI RICCARDO SCARPA

 

Il generale Vyacheslav Abroskin non è, di primo acchito, uno che ispira simpatia. Generale di polizia ucraino, di estrema destra, vicino ai neonazisti del battaglione paramilitare Azov per cui simpatizza pur non facendone parte, il quale ha chiuso sempre, nei suoi confronti, tutti e due gli occhi. S’è impegnato, fra il 2014 e il 2018, nella repressione contro i russi nel Donetsk, con metodi atroci. I russi, più volte, hanno cercato d’eliminarlo.

Sono figure come la sua a ispirare, a Vladimir Vladimirovič Putin, il presidente della Federazione Russa, il proposito di “denazificare” l’Ucraina. Adesso combatte attorno a Mariupol, dove risiede la sua famiglia. La città è rasa al suolo dai bombardamenti russi. Ricevette, la settimana scorsa, una lettera dal figlio, un fanciullo il quale gli descrisse le condizioni dei bambini sopravvissuti in quella città distrutta, costretti a cercare di sopravvivere col bere l’acqua delle pozzanghere fangose e col mangiare… (risparmio allo stomaco del lettore, troppo delicato, cosa fosse). Quell’essere umano ha preso carta e penna e ha scritto ai russi. Gli ha chiesto di organizzare un corridoio attraverso cui lasciar passare una colonna per trasportare, fuori Mariupol, tutti i bambini. Lui, in cambio, finita l’operazione, si sarebbe consegnato al primo posto di blocco dell’esercito russo.

Attilio Regolo, caduto prigioniero dei Cartaginesi, mandato a Roma da questi per convincere il Senato alla resa, invece perorò la guerra a oltranza ma, siccome aveva dato la sua parola, si fece rispedire a Cartagine, dove gli fecero patire una morte orribile. Vyacheslav Abroskin ha proposto il sacrificio (sacrum facere) della sua vita in cambio di quella dei bambini. Durante le crociate, i musulmani passavano a fil di spada tutti i Templari fatti prigionieri. Sfugge a molti borghesi d’oggi l’estremo rispetto dimostrato: all’eroe non si può imporre la prigionia, bisogna liberarne subito lo spirito.

Nel 2017 pubblicai, per i tipi della Pisa University Press, “Asceti Armati”, un libro in cui si trattò di storia degli ordini cavallereschi ma nel quale si scrisse, in realtà, dell’iniziazione eroica. Tra l’altro, revocai in dubbio l’idea che la cavalleria traesse origine dalla cristianizzazione del guerriero germanico, perché il suo carattere è ravvisabile da quando il primo sciamano iniziò il primo guerrieri, ed i princìpi della cavalleria sono tutti descritti nella Bagavadgītā. Il nucleo è nella consapevolezza della transitorietà del corpo fisico. Bisogna essere sempre pronti ad abbandonarlo per la comunità della cui difesa si ha la missione. Alla lettera, che io sappia, non è ancora stato dato riscontro. Vyacheslav Abroskin è, forse, l’ultimo cavaliere.