Vere e proprie dimissioni di massa, ma il senatore Vito Petrocelli, che con le sue posizioni filo-putiniane e contro il governo Draghi (definito interventista per la decisione di inviare le armi in Ucraina), non solo non molla la presidenza della commissione Esteri del Senato, ma va avanti e rilancia.

Perché se l’addio in blocco dei membri della commissione sarà il primo passo per portarlo ad abbandonare la poltrona, l’ex senatore grillino (ma appartiene comunque ancora al gruppo parlamentare dei Cinque Stelle) ha già annunciato la sua prossima contromossa: “Non mi dimetterò e in ogni caso farò ricorso alla Corte Costituzionale”, ha spiegato.

Così tutti i venti componenti della commissione Esteri del Senato - escluso Petrocelli appunto - si sono dimessi dal loro ruolo istituzionale. Si tratta dei quattro senatori del M5S tra cui la vicepresidente del Senato, Paola Taverna, i quattro della Lega fra cui il leader Matteo Salvini, i tre componenti di Forza Italia e altrettanti per il Pd e per il gruppo Misto, Pier Ferdinando Casini (Autonomie), Garavini (Iv), Adolfo Urso (Fdi).

A dare il primo segnale erano stati martedì 3 maggio gli esponenti del Pd che avevano rimesso il proprio mandato nelle mani della capogruppo Simona Malpezzi. Il giorno successivo su indicazione del leader di M5S Giuseppe Conte si sono dimessi tutti i quattro senatori del M5S che fanno parte della commissione Esteri. Compreso Alberto Airola che sembrava contrario.

Lettere di dimissioni anche da parte dei leghisti, compreso il leader Matteo Salvini. Dimissionario anche Adolfo Urso, unico esponente di Fratelli d’Italia, forza che non sostiene il governo. Alla fine si è dimesso anche Emanuele Dessì, che si era detto contrario alla mossa anti-Petrocelli: ma il senatore, ex M5S, uscito dal movimento perché in disaccordo con il sostegno al governo Draghi e ora nel gruppo Misto con il Partito comunista, si è allineato alla decisione degli altri componenti.